Lo scorso 28 marzo si è svolta a Bruxelles l’annuale conferenza dell’EAPM, l’Agenzia Europea per la medicina personalizzata, dal titolo “Innovation, Guidelines and Screening: the case of lung cancer”. Proprio il tumore al polmone, il big killer per eccellenza tra le neoplasie, è stato al centro della discussione.
È emerso come sia necessario pianificare uno screening a livello europeo per il tumore al polmone, ma che per farlo occorre avere una stima dei costi, delle risorse e dei rischi, mentre le prove di efficacia sono state considerate soddisfacenti.
Ne abbiamo parlato con la dottoressa Giulia Veronesi, Responsabile della sezione di Chirurgia robotica nell’ambito della Chirurgia Toracica in Humanitas, relatrice all’incontro.
L’importanza dello screening
Quella nei confronti del tumore al polmone è una lotta importantissima, parliamo infatti di una neoplasia “che ha ancora una tra le maggiori incidenze e la maggior mortalità. Si pensi che il tumore al polmone fa più vittime del tumore della prostata, del colon e della mammella messi insieme.
La comunità scientifica è concorde sul fatto che l’efficacia di questo screening – attraverso la TC a basso dosaggio – non sia discutibile. Non servono ulteriori studi, anche se siamo in attesa dei risultati di uno studio europeo (Nelson) che potranno o aumentare l’evidenza di questa efficacia oppure essere meno forti dei dati americani. Qualora lo fossero però, non avrebbero la forza statistica di inficiare comunque i risultati ottenuti finora”, spiega la dottoressa.
I prossimi passi
“La Commissione Salute del Parlamento Europeo si è riunita per parlare di screening lo scorso dicembre, ma non ha ancora prodotto le raccomandazioni per il tumore al polmone. Per farlo, occorre prima una valutazione dell’impatto economico e un’analisi di fattibilità a livello europeo. Se da un lato abbiamo le linee guida (redatte da diverse Società europee), dobbiamo ancora lavorare sull’applicabilità sul territorio.
Prevediamo di organizzare quindi una Consensus Conference per definire in dettaglio gli aspetti organizzativi a livello dei vari Paesi membri, coinvolgendo anche esperti di Health Economics, che possano aiutarci dal punto di vista della previsione dell’impatto economico”, conclude la dottoressa Veronesi.
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