Da molti anni l’obesità è considerata dal mondo scientifico una malattia complessa e multifattoriale che comporta un accumulo eccessivo di tessuto adiposo alterato per struttura e funzione, che influisce negativamente sulla salute generale aumentando il rischio di altre gravi patologie (come le malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2 e alcune neoplasie) e che riduce la qualità e l’aspettativa di vita.
Dal 1 ottobre, con l’approvazione definitiva del Senato, l’Italia è il primo Paese al mondo a riconoscere l’obesità come malattia con una specifica legge e ad adottare una cornice normativa completa, che include prevenzione, cura e sensibilizzazione sociale. Per legge, le persone con obesità – riconosciuta ufficialmente come malattia progressiva e recidivante – potranno in futuro usufruire delle prestazioni contenute nei livelli essenziali di assistenza (LEA) erogati dal Servizio sanitario nazionale, al fine di assicurare l’equità e l’accesso alle cure.
Come sottolinea il professor Roberto Vettor, direttore scientifico del Centro Malattie del Metabolismo e della Nutrizione dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas Rozzano: l’obesità non è una semplice conseguenza di scelte personali indulgenti verso un’eccessiva alimentazione, ma una patologia che coinvolge fattori genetici, ambientali, neuroendocrini e squilibri complessi nella regolazione dell’appetito e del peso corporeo.
L’approvazione di questa legge è un passo che unisce prevenzione, cura, sensibilizzazione sociale e sostegno istituzionale, tracciando la strada per le future politiche sanitarie europee e globali.
Lo stigma sociale verso l’obesità
L’obesità è stata definita dalla World Obesity Federation come una malattia cronica, progressiva e recidivante; risponde ai criteri per definire una malattia clinica perché ne è stata suggerita un’eziologia, presenta segni e sintomi che la connotano e una serie di alterazioni strutturali e funzionali che producono delle conseguenze patologiche.
É verosimile che lo stigma verso questa malattia sia stata la causa primaria del ritardo del suo riconoscimento come malattia. Infatti, le persone con obesità sono spesso bersaglio di stereotipi che le ritraggono come pigre, golose o prive di forza di volontà. Lo stigma porta a discriminazioni in vari ambiti, come scuola, lavoro e relazioni e può anche manifestarsi in ambiente sanitario. È fondamentale avviare tra i medici e nell’opinione pubblica un cambiamento culturale e un approccio medico con competenze specifiche e che sia più inclusivo e consapevole, che riconosca l’obesità come malattia e combatta lo stigma, ma soprattutto l’ignoranza e la disinformazione.
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