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Nurse on social

Nurse on social è la rubrica web e social che raccoglie in forma di videopillole i principali consigli di salute e gesti di cura raccontati da infermieri e infermiere di tutti gli ospedali Humanitas e della rete di centri medici Humanitas Medical Care. 

Sai come si misura correttamente la glicemia? In che modo gestire una stomia a domicilio? Sai cosa fare in caso di crisi d’asma? Scopri tutti i consigli per la tua salute.

Colore delle urine: come cambia e quando preoccuparsi?

In condizioni di salute, l’urina è un liquido in genere limpido, che può assumere diverse tonalità di giallo più o meno marcato, composto da circa il 95% di acqua ed è quasi inodore. Numerose condizioni, alimenti, farmaci e altre sostanze possono alterare colore e odore delle urine: in alcuni casi, le alterazioni sono normali, come quelle che avvengono quando mangiamo gli asparagi o beviamo poca acqua, in altri casi è bene non sottovalutare questo sintomo e rivolgersi al proprio medico. Vediamo a quali alterazioni delle urine fare attenzione:

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Alterazioni nel colore e odore delle urine sono campanelli d’allarme più o meno gravi a cui prestare attenzione. In alcuni casi, è possibile agire da soli correggendo il proprio stile di vita; in altri casi, invece, le alterazioni possono indicare problemi che devono essere valutati dal medico. 

Colore

  1. Urine di colore ambra o miele: non c’è da preoccuparsi, non è nulla di grave, ma è un segnale di disidratazione. Probabilmente, la quantità di liquidi assunti non è sufficiente: è importante ricordare che l’idratazione del nostro corpo avviene bevendo circa 1,5 litri di acqua al giorno, ma anche mangiando verdura e frutta ad alto contenuto di acqua. Inoltre, la quantità di liquidi necessaria per mantenere i giusti livelli di idratazione varia a seconda del clima e dello stile di vita.
  1. Urine di colore arancione scuro: potrebbe essere la spia di un problema al fegato o il risultato dell’assunzione di alcuni farmaci che vengono metabolizzati (smaltiti) per via renale. Se aumentando la quantità di liquidi ad almeno 2 litri di acqua per 3-4 giorni. il colore delle urine non torna normale, è consigliabile chiamare il proprio medico curante.
  1. Urine di colore rosso, rosa o bruno (simile a bevande a base di cola): potrebbero contenere tracce di sangue. Sebbene la presenza di tracce di sangue nelle urine potrebbe essere dovuta a ragioni fisiologiche, come ad esempio, uno sforzo fisico molto intenso, è fondamentale chiamare subito il proprio medico per escludere, con un semplice esame delle urine, problemi più gravi. 

Odore

L’urina può avere un cattivo odore in caso di:

  1. disidratazione, ovvero dopo aver sudato molto
  2. assunzione di determinati farmaci
  3. dopo aver mangiato cibi quali aglio, asparagi e cavoli
  4. infezioni

Se le urine continuano ad essere maleodoranti per più di 3-4 giorni, è raccomandabile chiamare il medico curante per effettuare gli esami del caso.

Gestione e somministrazione pasti a pazienti con disfagia

Le persone con problemi di deglutizione (disfagia) richiedono un’attenta gestione e supervisione durante la somministrazione dei pasti al fine di evitare le complicanze da aspirazione di cibo o liquidi nelle vie aeree. La polmonite ab ingestis, infatti, è l’infezione polmonare che rappresenta la principale complicanza nei pazienti disfagici. Come gestire la somministrazione dei pasti?

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Per facilitare la deglutizione e ridurre il rischio di aspirazione di cibo nelle vie aeree, è importante: 

  • somministrare alimenti e liquidi di consistenza adeguata sulla base della capacità di deglutizione della persona
  • pianificare il tempo di assistenza alla somministrazione dei pasti (importante che sia breve, per far si che la persona non perda la concentrazione)
  • supervisionare, cioè essere presenti dall’inizio del pasto fino alla completa deglutizione e post deglutizione
  • adottare tecniche e strategie di gestione della somministrazione di liquidi e cibi solidi, secondo le indicazioni del medico e del terapista. 

Come somministrare il cibo durante i pasti

  • Il paziente deve mantenere una postura corretta durante tutto il tempo del pasto: tronco eretto, testa allineata. 
  • L’ambiente deve essere tranquillo perché la persona deve potersi concentrare sulla deglutizione
  • Sedersi a livello degli occhi della persona, oppure più in basso usando uno sgabello ad esempio 
  • Usare un cucchiaino da tè per somministrare cibo solido nella quantità di mezzo cucchiaino per volta, oppure circa 10-15 ml di liquidi alla volta (no siringa)
  • Evitare di porre il cibo troppo indietro nella bocca
  • Non somministrare contemporaneamente cibi di consistenza diversa (soprattutto pastina o minestrone con pezzi di verdura) 
  • Far effettuare qualche colpo di tossa di tanto in tanto 
  • Non mettere fretta alla persona, ma dargli il tempo che gli serve per deglutire
  • In caso di paralisi monolaterale, somministrare il cibo/liquido dal lato sano della bocca  
  • Controllare sempre se in bocca c’è “impacchettamento” di cibo, ovvero se il cibo è stato deglutito prima di somministrarne altro
  • Per almeno 15 minuti dopo il pasto, la persona deve mantenere la posizione seduta. 
  • Al termine del pasto bisogna controllare che non siano resti di cibo nel cavo orale e bisogna provvedere all’igiene orale. 
  • I pazienti con disfagia che possono bere, possono farlo solo lontano dai pasti

Cosa fare per ridurre il rischio di aspirazione 

  • Offrire piccole quantità di cibo per volta
  • Non lasciare che la persona sia sola quando mangia o beve, e non lasciare cibi e bevande a disposizione sul tavolo o sul comodino
  • Riempire bicchiere e tazze con poco liquido 
  • Essere preparati al trattamento di emergenza (tecnica di HEIMLICH)  

Come misurare il dolore in ospedale

Il dolore dopo un intervento chirurgico è una condizione prevista, durante il ricovero in ospedale. Intensità e durata del dolore post operatorio però, variano sulla base di diversi fattori, tra cui il tipo di chirurgia, la soglia individuale del dolore, l’esperienza del dolore prima dell’intervento. Si tratta di fattori spesso non misurabili oggettivamente, perché dipendono da variabili individuali, diverse da persona a persona. In tutti i casi, il dolore è un’esperienza che non deve essere sottovalutata e neppure sopportata, ma va gestita e trattata adeguatamente. Vediamo come si misura il dolore.

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Il trattamento del dolore dipende dai valori rilevati dalla misurazione del dolore percepito dal paziente. Esistono tre scale di misurazione:

  • VAS (Visual Analogical Scale)
  • NRS (Numerical Rating Scale)
  • VRS (Verbal Rating Scale)

Nei reparti degli Ospedali Humanitas utilizziamo uno strumento dotato di una scala numerica e una visiva. Il righello, così viene chiamato, permette al paziente di indicare su una scala graduata da 0 a 10 l’intensità del dolore provato in quel momento. Il valore 0 esprime l’assenza di dolore, mentre il valore numerico 10 indica il peggiore dolore mai provato. 

L’infermiere chiede al paziente di esprimere con un numero l’intensità del dolore, oppure di indicare il valore relativo sulla scala visiva sul righello. Il righello è la rappresentazione dell’ampiezza del dolore soggettivamente avvertita dal paziente.

A cosa serve la misurazione del dolore? 

L’utilizzo di Scale di Valutazione del Dolore da parte degli Infermieri permette la corretta valutazione del dolore e un’adeguata pianificazione sia dell’assistenza e sia della prescrizione della terapia farmacologica da parte dei medici.

Come tenere sotto controllo lo scompenso cardiaco

Lo scompenso cardiaco è un evento causato dall’incapacità del cuore di contrarsi normalmente per svolgere la sua funzione di pompa e di far arrivare il sangue necessario a tutti gli organi. Sebbene nello stadio precoce, lo scompenso cardiaco possa essere asintomatico, ci sono alcuni segnali che potrebbero indicare l’insorgenza della malattia. Si tratta di una patologia piuttosto diffusa, soprattutto nella popolazione femminile, spesso associata all’invecchiamento della popolazione. Ma come riconoscere lo scompenso cardiaco?

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Alcuni segnali sono particolarmente importanti da rilevare e comunicare al proprio medico. Ad esempio:

  • aumento di peso di circa 2-3 Kg in pochi giorni
  • gonfiori a piedi, caviglie, lancia, o altre parti del corpo
  • respiro affaticato
  • necessità di aggiungere un cuscino in più rispetto al solito, per dormire respirando bene
  • tosse insistente con o senza catarro
  • giramento di testa anche da sdraiati o seduti
  • dolore al torace o variazioni del battito cardiaco

Cosa fare per tenere sotto controllo lo scompenso cardiaco?

Generalmente, le persone più a rischio di sviluppare lo scompenso cardiaco sono coloro che: hanno avuto un infarto miocardico, soffrono di cardiopatie, ipertensione non ben controllata, sono affette da diabete, sindrome metabolica, obesità. Soprattutto per queste persone è importante:

  • Assumere i farmaci rispettando le prescrizioni del medico
  • Pesarsi quotidianamente, sempre alla stessa ora, e appuntare il peso corporeo
  • Monitorare la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca, e appuntarla su un diario
  • Limitare il consumo di sale da cucina e i cibi ricchi di sodio e grassi
  • Dedicare tempo all’attività fisica aerobica, come camminare o fare le scale, a condizione che non causi affaticamento o difficoltà respiratoria
  • Idratarsi adeguatamente bevendo 1,5 l di acqua al giorno
  • Non fumare

Catetere vescicale: come gestirlo a casa?

Il catetere vescicale è un tubicino in genere morbido che, introdotto in vescica, permette all’urina di uscire attraverso l’uretra ed essere raccolta in un dispositivo (sacca) collegato al catetere. Diversi sono i motivi per cui il medico ritiene necessario che la persona porti il catetere vescicale a casa; in ogni caso è necessario prendersene cura con attenzione per prevenire ilrischio di infezione delle vie urinarie. Vediamo come gestire correttamente il catetere vescicale a domicilio:

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  1. Non ostruire il catetere in alcun modo, perché può contribuire ad aumentare il rischio di infezioni vescicali. Prestare attenzione, quindi, a non piegare o curvare il tubo nel quale l’urina scorre dalla vescica fino al dispositivo di raccolta
  2. Applicare le corrette regole di igiene: lavare le mani con acqua e sapone sia prima che dopo aver toccato il catetere. Mantenere puliti anche la pelle intorno all’uretra e il tubo di raccordo alla sacca di raccolta delle urine
  3. Pulire il catetere con acqua e sapone dopo ogni defecazione 
  4. Mantenere la sacca di raccolta sotto il livello della vita per ridurre il rischio di reflusso dell’urina
  5. Svuotare la sacca ogni 4-8 ore oppure, se necessario, in modo più frequente. Se richiesto dal medico, segnare la quantità di urine svuotate 
  6. Mantenere una corretta idratazione, bevendo almeno 8 bicchieri di acqua al giorno (circa 1,5 litri di acqua), di più nella stagione calda.

Quando contattare il medico?

È necessario contattare il medico di riferimento in caso si avverta bruciore, febbre, malessere e dolore sovrapubico. È importante contattarlo anche se sono presenti secrezioni a livello dell’uretra, si trovano tracce di sangue di colore rosso vivo nelle urine oppure se la quantità di queste ultime aumenta o diminuisce drasticamente all’interno della sacca di raccolta.

Come misurarsi da soli la glicemia

Una volta diagnosticato il diabete, l’autocontrollo della glicemia capillare è il test che la persona diabetica dovrà fare ogni giorno, spesso più volte al giorno. L’autotest della glicemia è fondamentale per il controllo domiciliare e quotidiano dei valori glicemici, in diversi momenti della giornata (ad esempio la mattina a digiuno, glicemia preprandiale, post prandiale, eccetera), e per monitorare l’efficacia della terapia antidiabetica prescritta dal proprio diabetologo. I valori glicemici rilevati andranno riportati sull’apposito libretto da portare ad ogni controllo con il diabetologo. 

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Cosa serve per l’autocontrollo della glicemia

Per l’autocontrollo della glicemia è necessario avere a portata di mano:

  • il glucometro, ovvero il dispositivo elettronico di misurazione della glicemia, dotato di uno schermo ampio in cui viene visualizzato il valore della glicemia rilevata
  • il pungidito, una sorta di penna con un piccolo e sottile ago sulla punta regolabile, e un pulsante da premere per far scendere l’ago ed effettuare il prelievo di sangue capillare dal polpastrello di un dito 
  • le strisce reattive, su cui poggiare una goccia di sangue capillare, e da inserire nell’apposita porta del glucometro.

Come effettuare l’automisurazione della glicemia?

Affinchè l’autotest della glicemia capillare sia efficace, ovvero dia valori glicemici accurati, è necessario seguire pochi ma semplici passaggi:

  • Lavare le mani con acqua e sapone, e asciugare con cura
  • Preparare il glucometro 
  • Scegliere il dito della mano su cui effettuare la puntura capillare (preferibilmente il dito anulare, medio o mignolo della mano che non si usa per scrivere)
  • Massaggiare il polpastrello
  • Preparare il pungidito e posizionarlo lateralmente al polpastrello (così la puntura sarà meno dolorosa!). Ricordarsi di cambiare dito ad ogni misurazione
  • Asciugare la prima gocciolina di sangue e massaggiare ancora il polpastrello per farne uscire un’altra
  • Avvicinare la striscia reattiva alla gocciolina di sangue
  • Attendere qualche secondo per il risultato.

Quali sono i valori di riferimento?

In genere, se la glicemia rilevata è inferiore a 70, è raccomandabile mangiare 3 caramelle, oppure bere un bicchiere di bevanda zuccherata, tipo succo di frutta, e dopo 15 minuti un pacchetto di crackers.

Se invece il valore della glicemia è più alto di 250, seguire la procedura indicata dal proprio diabetologo di riferimento.

Sai come prepararti per un prelievo di sangue?

Il prelievo di sangue venoso è uno degli esami più comuni per controllare il proprio stato di salute, per ottenere informazioni e per monitorare i livelli di svariate sostanze biochimiche presenti nel sangue, come ad esempio marcatori di malattia o infiammazione, enzimi, ormoni, eccetera. In genere, il prelievo di sangue prevede l’utilizzo in un ago a farfalla a cui è applicato una specie di piccolo contenitore di plastica (sistema a pressione negativa) nel quale l’infermiere introduce, con una piccola pressione, la provetta da riempire. Il sistema di prelievo garantisce che, durante il prelievo, verrà prelevata solo la quantità di sangue venoso necessaria al laboratorio per effettuare le analisi prescritte.

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Cosa fare nei giorni precedenti al prelievo di sangue?

  1. Non adottare cambiamenti alimentari o di stile di vita nei giorni precedenti il prelievo di sangue, in modo da non falsare i risultati delle analisi. Pertanto, qualunque siano le proprie abitudini alimentari, non cambiarle in previsione dell’esame dal momento che la riduzione drastica delle calorie, ad esempio, può indurre una riduzione del volume ematico e rapidi cambiamenti nel sangue che le analisi rivelano.
  2. Evitare di fare attività fisica intensa, dal momento che potrebbe alterare alcuni valori come gli enzimi cardiaci CK, il colesterolo LDH, e altri.

Cosa fare il giorno dell’esame?

Per quasi tutti gli esami ematochimici che richiedono un prelievo di sangue è necessario seguire alcune raccomandazioni: 

  1. Presentarsi alla sede dell’esame a digiuno da almeno 8 – 12 ore
  2. Non fare colazione (no caffè, nè tè o latte, no bevande zuccherate, no alcolici), perché possono alterare o rendere inaccurate le analisi ematochimiche. Tuttavia è consigliato bere acqua. 
  3. Non fumare dal risveglio e fino al momento del prelievo.

Come eseguire il massaggio cardiaco negli adulti

L’arresto cardiaco è un evento cardiovascolare causato da una perdita della funzione di pompa del cuore che, di conseguenza, non fornisce più ossigeno alle altre parti del corpo. In questa situazione gli organi più vulnerabili sono il cuore e il cervello.

La persona in arresto cardiaco:

  • è priva di coscienza
  • non si sveglia o reagisce se chiamata o scossa
  • non respira normalmente o non respira affatto
  • non si muove in alcun modo

In questi casi è necessario sapere cosa fare per prestare un soccorso tempestivo ed efficace. Il massaggio cardiaco è una manovra che rientra nel protocollo della rianimazione cardio polmonare (RCP) utilizzata per soccorrere una persona in arresto: in attesa dei soccorsi, questa pratica può raddoppiare o triplicare la possibilità di sopravvivenza contribuendo a salvare una vita.

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In caso di emergenza, da dove iniziare?

  1. Chiamare i soccorsi al numero unico di emergenza 112 (ove attivo) o il 118. L’operatore che risponde ci guiderà a riconoscere l’arresto cardiaco e a eseguire le manovre necessarie, anche se non le conosciamo o non le ricordiamo. Oltre a ciò potrà indicare il luogo più vicino in cui trovare un DAE – defibrillatore automatico esterno
  2. In caso ci si trovi con altre persone, mandare qualcuno a recuperare il DAE
  3. Prepararsi ad eseguire tempestivamente il massaggio cardiaco.

Massaggio cardiaco nell’adulto: cosa fare?

  1. Posizionare la persona in posizione supina (pancia in su) su una superficie rigida come il pavimento, allineando le sue braccia e gambe
  2. Scoprirgli il torace, liberandolo da eventuali cappotti e maglioni
  3. Inginocchiarsi a lato della persona da soccorrere, in modo che il proprio corpo sia perpendicolare al suo
  4. Con le braccia tese, chinarsi sulla persona ponendo i palmi di entrambe le mani a dita intrecciate, una sull’altra, al centro del torace della persona, al livello dello sterno e sulla linea del seno. Iniziare ad esercitare una compressione verso il basso di circa 5-6 cm, senza spostare le mani e mantenendo le braccia tese, sfruttando il peso del proprio corpo. 
  5. Il ritmo delle compressioni deve essere costante, senza interruzioni e alla giusta velocità: l’ideale è fare 2 compressioni al secondo, circa 100-120 ripetizioni al minuto
  6. Dopo ogni compressione, rilasciare del tutto la pressione senza staccare le mani dal torace e mantenendole in posizione
  7. il ritmo delle compressioni deve essere costante e alla giusta velocità: l’ideale è fare 3 compressioni ogni 2 secondi, e tenere il conto delle compressioni contandole a voce alta
  8. dopo ogni compressione, rilasciare del tutto la pressione senza staccare completamente le mani dal torace
  9. ripetere la compressione circa 100-120 volte al minuto

Cosa fare quando si rompono le acque?

Ogni donna ha un’esperienza diversa del momento in cui si avvicina il momento del parto. Ma qualunque sia l’esperienza, il corpo della donna si prepara al parto attraverso le fasi del travaglio che iniziano con la fase prodromica, di cui la perdita vaginale di liquido è un momento che potrebbe non necessariamente essere il segnale di parto imminente.

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La fase prodromica e la rottura delle membrane

La durata della fase prodromica del travaglio dipende da diversi fattori e può variare da diverse ore ad alcuni giorni in caso di prima gravidanza. Le prime contrazioni indicano la progressiva dilatazione, accorciamento, ammorbidimento e assottigliamento del collo dell’utero che, favorendo la discesa del bambino nel canale del parto, portano all’espulsione del tappo di muco vaginale. Si tratta di una secrezione vischiosa, biancastra, con possibili striature rosate, ma non è detto sia già arrivato il momento di affrettarsi per andare in ospedale. Infatti, l’espulsione del tappo vaginale potrebbe anticipare di 12-14 ore la rottura delle membrane, comunemente chiamata “rottura delle acque”, caratterizzata da una perdita vaginale di liquido di colore chiaro.

Cosa fare quando si rompono le acque?

In caso di rottura delle membrane, è corretto recarsi in ospedale, anche se le contrazioni non dovessero essere regolari; infatti, non necessariamente, la rottura delle acque corrisponde al parto imminente, ma è il momento in cui andare in ospedale per controllare le buone condizioni di salute di mamma e bambino ed effettuare il ricovero. 

In questa circostanza è bene ricordare di:

  • mantenere la calma e non farsi prendere dall’ansia, neppure da quella di partner e parenti;
  • accertarsi che il liquido sia chiaro; (diversamente, qualora ad esempio fosse torbido, è importante velocizzare l’arrivo in ospedale);
  • ascoltare i movimenti del bimbo;
  • avvisare la persona incaricata che è arrivato momento di andare con calma in ospedale, e attenderne l’arrivo, magari facendosi una doccia;
  • non fare il bagno, non inserire tamponi in vagina per evitare il contatto con liquidi o oggetti (la rottura delle membrane espone il bimbo al rischio di infezioni);
  • rilassarsi, leggere, guardare la tv, ascoltare musica;
  • mangiare qualcosa di leggero e nutriente, come barrette, cioccolato, frutta secca e fresca, succhi di frutta, per evitare di appesantire lo stomaco con cibi elaborati;
  • concentrarsi sulla respirazione durante le contrazioni;
  • ricordarsi di prendere la valigia e il corredino del bimbo, oppure finire di prepararla.

Cosa fare in caso di attacco d’asma

L’asma è una malattia infiammatoria cronica dell’apparato respiratorio, in cui i bronchi – sottoposti a vari stimoli, che possono essere allergenici e non – si infiammano. Tra i vari stimoli, l’attacco d’asma può essere scatenato da agenti immunologici, fisici o allergenici, come acari della polvere, pollini, pelo di cane o gatto, fumo di sigaretta, aria fredda o aria secca, riniti, contatto con sostanze, fumi o vapori in alcuni luoghi di lavoro.

Durante l’attacco d’asma, i muscoli delle vie respiratorie si contraggono, i bronchioli, cioè piccoli tubicini nei bronchi, che portano l’ossigeno ai polmoni, si restringono fino a rendere difficile o impossibile il passaggio dell’aria. Tutto questo avviene all’improvviso e nell’arco di brevissimo tempo.

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Come riconoscere l’attacco d’asma?

L’attacco acuto di asma si presenta con tosse, respiro sibilante, respiro corto, respiro affannoso, fame d’aria e, a causa della difficoltà a respirare, stato di agitazione.

In caso di attacco severo, per la mancanza di ossigeno labbra, lobi delle orecchie e unghie possono assumere una colorazione grigio-bluastra.

Cosa fare?

Per prima cosa, non farti prendere dal panico, che accentua la sintomatologia.


Se hai il broncodilatatore:

  1. Mantieni la calma e prendi il broncodilatatore
  2. Inala da 2 a 4 puff, mantenendo la testa lievemente inclinata verso l’alto e facendo ben aderire il broncodilatatore alle labbra. Segui il dosaggio indicato dal tuo medico
  3. Se hai un distanziatore, attaccalo al broncodilatatore e segui i medesimi passaggi. Il distanziatore aumenta la permeabilità delle molecole del farmaco all’interno dell’organismo
  4. Rimani seduto, non assumere acqua e inspira
  5. Se entro pochi minuti l’attacco d’asma non migliora, chiama il numero di emergenza 112


Se il tuo medico ti ha somministrato una terapia diversa dall’inalazione con broncodilatatore, segui la prescrizione del medico. 

Se non sei nelle condizioni di assumere la terapia autonomamente, chiedi aiuto a chi è con te o – se sei da solo/a – mantieni la calma e chiama il numero di emergenza 112. 

Se non hai broncodilatatore: chiama o chiedi a qualcuno di chiamare immediatamente il numero di emergenza 112. 

Come evitare gli attacchi d’asma?

L’asma è una malattia cronica che può essere gestita assumendo la terapia indicata dal proprio medico. Attenersi con rigore alla propria terapia è fondamentale per controllare e prevenire le crisi d’asma. 

 

Gestione delle stomie

Le stomie sono aperture sulla parete addominale che vengono eseguite (“confezionate”) durante un intervento allo scopo di mettere in comunicazione un organo interno con l’esterno. Esistono diversi tipi di stomia, come ad esempio le stomie intestinali (colostomia, ileostomia) e stomie urinarie (urostomia, ureterostomia), in alcuni casi temporanee, in altri definitive.

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Tutte le stomie richiedono l’utilizzo di sacche di raccolta delle deiezioni (feci liquide, feci solide o urina), con caratteristiche diverse tra loro e adeguate alla tipologia di stoma, e placche adesive con un foro centrale realizzate con un materiale (idrocolloide) in grado di proteggere e, in caso, anche curare la cute dall’aggressione dei materiali biologici espulsi. La placca ha anche la funzione di creare una barriera cutanea in modo che le deiezioni non entrino in contatto con la pelle circostante lo stoma.

Ogni quanto cambiare placca e sacca della stomia?

In genere, la sacca va cambiata o svuotata ogni qualvolta necessario. Tuttavia, la pelle attorno alla stomia è molto delicata perché esposta a sollecitazioni meccaniche durante il cambio dei dispositivi e a irritazioni chimiche causate dal contatto con le deiezioni. 

Esistono però due tipi di dispositivi di raccolta che possono richiedere gestioni diverse:

  1. sacca e placca monopezzo, cioè la barriera cutanea adesiva e la sacca di raccolta sono saldate insieme in un unico pezzo. È consigliabile sostituire tutto il dispositivo almeno una volta al giorno.
  2. sacca e placca separate (due pezzi), ovvero la barriera cutanea adesiva è munita di un anello di fissaggio regolabile sulla dimensione dello stoma, a cui applicare la sacca di raccolta di tipo chiuso o a fondo aperto. La placca dovrebbe essere sostituita ogni 72 ore per colo e ileostomia, ogni 48 ore per urostomia; la sacca di raccolta, invece, deve essere cambiata o svuotata all’occorrenza e comunque almeno una volta al giorno.

In entrambi i casi non aspettare che la sacca sia completamente piena per cambiarla.

Igiene della stomia

Cosa serve?

  • placca della dimensione adeguata alla stomia, e sacca (dispositivi monopezzo o due pezzi)
  • salvietta di protezione
  • sacchetto per i rifiuti
  • sapone neutro e acqua tiepida
  • panno carta 

Come fare?

  • Lavarsi le mani
  • Rimuovere il dispositivo di raccolta monouso o due pezzi tirandolo con delicatezza dall’alto verso il basso.
  • Rimuovere feci o residui di urina con panno di carta inumidito e con acqua tiepida.
  • Detergere la cute con il sapone e risciacquare con panno carta inumidito, iniziando dalla cute più lontana dallo stoma e poi avvicinandosi allo stoma con movimenti circolari.
  • Asciugare tamponando.
  • Lavarsi le mani.

In viaggio e in vacanza: come prepararsi? 

I portatori di stomia possono fare qualunque cosa, come praticare sport e viaggiare. Durante i viaggi e le vacanze è importante avere una check list di preparativi da seguire per gestire, anche in luoghi molto lontani, la propria stomia:

  • preparare un numero di dispositivi superiore a quello che si utilizza normalmente, con il foro già tagliato
  • portare alcuni dispositivi nel bagaglio a mano, in modo da potersi cambiare in caso di necessità e se le valigie arrivassero in ritardo, in caso di viaggio in aereo
  • in auto, indossare la cintura di sicurezza in modo tale che non comprima la stomia
  • evitare di lasciare al sole le valigie che contengono i dispositivi: la parte adesiva potrebbe deteriorarsi ed essere inutilizzabile.

Sai come eseguire l’autopalpazione al seno?

L’autopalpazione del seno è un controllo che si fa in modo autonomo, ma che non si sostituisce né alla valutazione senologica né agli esami di screening. Si tratta però di una autovalutazione fondamentale per conoscere e prendere confidenza con il proprio seno, e rilevare alterazioni che al nostro tatto possono sembrare sospette. Se si sente qualcosa “di diverso” dal solito, prima di farsi prendere dal panico è bene contattare il proprio medico: infatti, nella stragrande maggioranza dei casi, quello che al nostro tatto può sembrare un nodulo, in realtà potrebbe essere una cisti o un nodulo benigno. In ogni caso, per riportare la serenità, è importante parlarne il prima possibile con il proprio medico.

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Quando fare l’autopalpazione al seno?

L’autopalpazione al seno si può effettuare in qualunque giorno del mese, ma da sette a undici giorni dopo la mestruazione. Non serve effettuare l’autopalpazione ogni giorno, ma è bene creare una propria routine, una volta al mese.

Cosa guardare?

È vero che con l’autopalpazione si usano le mani e quindi il tatto, ma è anche l’occasione per guardare la pelle, i capezzoli, l’ascella. Alcune alterazioni dalla norma vanno riferite al medico, specie se se si nota: 

  • rossore e gonfiore in una o più aree del seno
  • retrazione della pelle, come un affossamento del tessuto
  • capezzolo retratto, cioè non rivolto all’esterno
  • variazione della simmetria fra le mammelle

Come fare l’autopalpazione

Alcune donne fanno l’autopalpazione davanti allo specchio dopo la doccia, altre durante la doccia e poi da sdraiata. Una volta trovata la routine e la posizione più conveniente, piano piano si prenderà confidenza anche con i gesti giusti.

  1. Portare un braccio dietro la nuca 
  2. Eseguire con la mano opposta movimenti circolari attorno al capezzolo, movimenti verso l’alto, movimenti verso il basso.
  3. I movimenti si eseguono con le tre dita della mano ed una leggera digitopressione. 
  4. Spremere leggermente il capezzolo e controllare che non ci siano fuoriuscite di liquido (contatta il tuo medico se noti secrezioni)
  5. Controlla il cavo ascellare usando la punta delle dita della mano per sentire eventuali noduli (i linfonodi) ingrossati (se li noti, contatta il tuo medico)
  6. Ripetere la stessa procedura per l’altro seno
  7. Una volta completata l’autopalpazione a entrambi i seni, ripetere tutta la procedura anche da sdraiata sul letto.