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Ricerca: ecco come il cancro “corrompe” le nostre difese

“Perché agli ultimi anni di liceo una ragazza dovrebbe voler diventare una ricercatrice? Non saprei dare una spiegazione, ma per me è stato così, pur non avendo esempi in famiglia, né sapendo esattamente di che cosa si trattasse”. Paola Allavena, dopo le superiori si è iscritta a Medicina seguendo il consiglio di un amico di famiglia: “Fai Medicina se vuoi far ricerca”, mi aveva detto. “Così, pur sapendo che non avrei mai fatto il medico, ho intrapreso questo tipo di studi e credo che sia stato un vantaggio, sicuramente mi ha consentito di avere un background più ampio nell’affrontare le ricerche che ho condotto in seguito”. All’università ha cominciato a frequentare il laboratorio fin dal primo anno e dopo la laurea si è specializzata in immunologia. Ancora prima della laurea è approdata all’Istituto Mario Negri. Qui è iniziato il sodalizio professionale con il prof. Alberto Mantovani, con il quale si è laureata. Successivamente ha trascorso un periodo di due anni negli Stati Uniti. “È fondamentale andare all’estero per aprire la mente. Anche se oggi ci sono centri di ricerca italiani di alto livello, i ragazzi dovrebbero comunque fare un’esperienza del genere altrove. Serve anche a crearsi una rete di contatti e di relazioni scientifiche che sono molto importanti dal punto di vista professionale”.
Tornata in Italia, sempre all’Istituto Mario Negri ha costituito un suo gruppo di ricerca collegato alle attività immunologiche di Mantovani, per poi approdare in Humanitas.

Le insidie del tumore
L’azione del nostro sistema immunitario è regolata da un complesso meccanismo di segnali chimici, basato su molecole che portano istruzioni specifiche, come le chemochine, e su recettori in grado di decodificarle e renderle operative. Questa stessa struttura di comunicazione viene sfruttata da diversi tumori per ingannare il nostro apparato difensivo e diffondersi nell’organismo.
Come nel caso del carcinoma del pancreas, un male dalla prognosi infausta, che difficilmente risponde alle cure disponibili. “Il numero dei pazienti trattabili chirurgicamente per questa patologia è molto basso e anche quelli operati con successo hanno un alto rischio di recidive”, spiega Paola Allavena, ricercatrice di Humanitas, “che si possono manifestare in modo assai insidioso. Questa forma tumorale ha infatti la caratteristica unica di produrre metastasi che si annidano lungo i nervi e che, quindi, sono difficili da individuare e da affrontare”. Comprendere quali sono i segnali utilizzati dalle cellule tumorali per proliferare e muoversi verso gli altri distretti dell’organismo è sicuramente uno dei punti di partenza per ideare nuovi sistemi terapeutici in campo oncologico.

Il gruppo di ricerca di Paola Allavena e Federica Marchesi, ha studiato attentamente le chemochine e i recettori presenti nei tessuti aggrediti dal carcinoma del pancreas, riscontrando, per la prima volta, una novità: “Abbiamo rilevato la presenza di concentrazioni altissime di un particolare tipo di recettore, quello della chemochina fractalkine, e abbiamo avuto il sospetto che potesse essere coinvolto proprio nella propagazione delle cellule tumorali nei nervi periferici. Le successive indagini, condotte su campioni prelevati da pazienti operati, ci hanno confermato che si tratta di un recettore assente nel tessuto sano e, al contrario, è presente in quantità elevate in coloro che hanno manifestato recidive”.
Un risultato importante che apre certamente interessanti prospettive ma anche una serie di nuovi interrogativi, come chiarisce Paola Allavena: “Dobbiamo chiarire ora come si può bloccare l’azione del recettore e se ciò può essere sufficiente a impedire la ricaduta del paziente. Si tratterebbe certamente di un’interessantissima ipotesi terapeutica, per una malattia contro la quale abbiamo pochissimi strumenti validi. Inoltre, l’alta concentrazione di queste molecole potrebbe essere un utile indicatore per la diagnosi precoce della malattia”.
Ma questo è solo uno degli esempi di come le neoplasie sanno sfruttare a loro vantaggio gli stessi sistemi teoricamente deputati a fronteggiarli. In questo senso sono state fatte importantissime scoperte che riguardano una classe di cellule di solito impegnate in prima linea nella difesa del nostro organismo.

Di Carlo Falciola

La seconda parte dell’articolo sulla dott.ssa Paola Allavena verrà pubblicata nel numero del 28 marzo.

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