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Pap test: cos’è e quando farlo

Come altri tumori, anche quello al collo dell’utero può essere individuato in fase precoce, quando magari è presente ancora solamente in forma di lesioni precancerose curabili. Sottoporsi ai controlli di routine, dunque, non è solo importante, ma è fondamentale per poter agire sul cancro quando è ancora agli stadi iniziali. Tra questi esami ha un ruolo preminente il pap test, che rileva la presenza di un tumore o di lesioni precancerose attraverso l’analisi delle cellule del collo dell’utero

Si tratta di un esame semplice, veloce e che non provoca dolore nella paziente e che serve allo specialista per rilevare infezioni virali, batteriche o micotiche.

Approfondiamo l’argomento con la dottoressa Barbara Bianchini, ginecologa in Humanitas.

Tumore al collo dell’utero: di cosa si tratta?

Il tumore al collo dell’utero è provocato da un virus, il Papilloma virus (HPV), che si trasmette attraverso i rapporti sessuali. L’infezione non conduce necessariamente allo sviluppo di un tumore, infatti l’organismo riesce a combattere il virus nel 90% circa dei casi e la presenza di alterazioni cellulari non è necessariamente indice della presenza di un cancro.

Rimane tuttavia un 5% di possibilità che le alterazioni alle mucose causate dall’infezione da HPV evolvano in un tumore. Si tratta di un processo lungo, che può impiegare fino a dieci anni e, dunque, il pap test si rivela fondamentale per verificare in anticipo la presenza di lesioni precancerose e impedire che conducano allo sviluppo di un cancro.

Quando parliamo di pap test, dunque, parliamo di uno strumento di prevenzione fondamentale, che consente di individuare lesioni precancerose che, a uno stadio ancora precoce della patologia, non provocano alcun sintomo visibile nelle pazienti. Per questo motivo il pap test salva ogni anno la vita di molte donne ed è considerato il primo esame di screening per diagnosticare precocemente il tumore al collo dell’utero.

Quando fare il pap test?

Non c’è un’età specifica in cui è consigliato effettuare il primo pap test: si tratta infatti di un esame legato all’attività sessuale della paziente e, dunque, si tende a raccomandarlo a partire da due anni dal primo rapporto sessuale. 

Una paziente sana, che non presenta fattori di rischio e non è mai risultata positiva all’HPV, può sottoporsi a pap test ogni tre anni. Chi invece ha una storia precedente di HPV o fattori di rischio conclamati dovrebbe eseguirlo regolarmente ogni anno. In ogni caso, è sempre opportuno seguire i consigli del proprio specialista, che saprà indicare la strada migliore da percorrere anche in relazione alla storia clinica della singola paziente. 

Nei tre giorni precedenti il pap test, la paziente dovrebbe astenersi dall’attività sessuale, in quanto la presenza di spermatozoi residui potrebbe interferire con l’attendibilità del risultato. Ugualmente vanno evitati ovuli e lavande vaginali, che tendono a nascondere la presenza di alterazioni cellulari, mentre non presentano controindicazioni né i contraccettivi orali, né la spirale intrauterina.

Il pap test non può essere eseguito in presenza di mestruazioni, sarà dunque opportuno che, al momento della prenotazione, la paziente segnali la finestra tra i due flussi mestruali. In periodo periovulatorio si tende a prelevare un quantitativo superiore di cellule da esaminare. 

Possono inoltre sottoporsi a pap test anche le donne che hanno superato il primo trimestre di gravidanza: si tratta infatti di un esame non pericoloso, che non presenta rischi per il feto o per la madre.

Pap test: come si svolge?

Il pap test è un esame semplice, che dura un paio di minuti, non provoca dolore nella paziente (al limite un lieve fastidio) e viene svolto nel contesto di una visita ginecologica di routine. Il ginecologo specialista mantiene divaricata la cervice uterina con lo speculum, l’apposito strumento a becco d’oca, e preleva delle cellule dal collo dell’utero con un sottile bastoncino. Le cellule vengono dunque fissate su un vetrino idoneo e inviate al laboratorio che effettuerà l’analisi. Il referto arriva generalmente in 10-15 giorni.

Cosa significa il risultato del pap test?

Se il pap test ha esito negativo, significa che il campione non presentava alterazioni cellulari e che la paziente può sottoporsi nuovamente all’esame nel tempo stabilito con lo specialista (come abbiamo detto, normalmente tra 1 e 3 anni).

Se, invece, il pap test dà esito positivo, significa che sono presenti anomalie cellulari e che la paziente dovrà sottoporsi a un ulteriore esame di controllo, l’HPV test, che si svolge come un semplice tampone vaginale e individua la presenza del DNA del virus nel tratto genitale. L’HPV test conferma il contagio da HPV ma non individua l’eventuale presenza di un tumore.

Humanitas rende disponibile alle sue pazienti anche il pap test in fase liquida, al posto che su vetrino. Si tratta di una metodologia diagnostica che rende l’esame più attendibile e consente, in caso di esito positivo, di eseguire l’HPV test sul medesimo campione, senza dover sottoporre la paziente a un secondo controllo. 

Specialista in Ginecologia e Ostetricia

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