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La molecola “bugiarda” che fa impazzire le chemochine

Tra il tessuto danneggiato e le cellule del sistema immunitario si stabilisce un vero e proprio dialogo basato su particolari molecole, le chemochine. “Nell’uomo ne esistono almeno una cinquantina e ci sono circa una ventina di recettori diversi, appositamente predisposti per interagire con queste sostanze”, spiega il prof. Massimo Locati. “Il nostro gruppo di ricerca cerca di capire quali sono i meccanismi che regolano la presenza di queste molecole, perché le produciamo in determinate condizioni, quali tipi di cellule rispondono ai loro segnali e, soprattutto, chi provvede a rimuoverle quando il pericolo è cessato. La risposta infiammatoria è un processo certamente fondamentale e positivo, ma deve essere mitigabile. Quando prosegue diventando cronica, può essere estremamente negativa per l’organismo”.
Uno dei meccanismi fondamentali di regolazione della risposta immunitaria è stato scoperto alcuni anni fa proprio dal gruppo di ricerca del prof. Alberto Mantovani, di cui fa parte anche Massimo Locati. “Il messaggio viene trasmesso alla cellula quando la chemochina si lega ad un recettore sulla sua superficie. Viene quindi trasferito all’interno sotto forma dell’istruzione, ad esempio, a migrare in una determinata direzione. Abbiamo scoperto una particolare famiglia di molecole che agiscono come falsi recettori. Ossia riconoscono le chemochine, ma non codificano alcun segnale, anzi, provvedono a degradarle”. Il falso recettore, definito “decoy”, agisce come un tapis roulant che funziona ininterrottamente. Lega una chemochina sulla superficie, la trascina all’interno, distruggendola, poi ritorna all’esterno pronto a catturare un’altra molecola. In questo modo, riducendo il numero di chemochine liberate, modula progressivamente la risposta difensiva, fino ad interromperla.

Una volta identificati i recettori decoy, gli scienziati hanno cercato di capire dove si trovano nell’organismo. “Ci siamo occupati in modo particolare del recettore D6 e lo abbiamo studiato attentamente in almeno due situazioni”, prosegue Locati. “Lo abbiamo trovato nei vasi linfatici, che sono i vasellini a fondo cieco che partono da qualsiasi tessuto periferico e raggiungono un linfonodo”. I linfonodi sono un importantissima “centrale” immunologica. Qui, dai tessuti periferici, giunge la linfa, che è una sorta di liquido di controllo. Ad esempio, quando avviene qualche cosa a livello della mano, come la puntura di una spina, la linfa si modifica e, raggiungendo il linfonodo ascellare, trasmette un segnale che serve ad attivare l’immunità specifica. “Anche in questo caso si tratta di chemochine che vengono inviate dal luogo del danno per lanciare l’allarme”, chiarisce Locati, “e abbiamo scoperto che il vaso linfatico è letteralmente tappezzato di falsi recettori. In questo modo le chemochine vengono ridotte di numero durante il percorso, in modo di fornire una risposta adeguatamente modulata. Altrimenti ne arriverebbe una quantità eccessiva che manderebbe in crisi il sistema”. I falsi recettori sono stati identificati in molti altri tessuti come la cute, il polmone, il cuore e il fegato.

Ma una delle scoperte più recenti è quella che riguarda la placenta. “Si tratta dell’organo che durante la gravidanza funziona da interfaccia tra la madre e il bambino”, racconta Locati, “e qui D6 riveste i villi placentari, che sono le propaggini che il feto immerge nel sangue materno per trarne nutrimento. Occorre ricordare che si tratta di una presenza estranea nel corpo della donna, perché metà del codice genetico deriva da quello paterno. Questa è stata una scoperta importantissima dal punto di vista immunologico, perché il falso recettore protegge l’embrione nei casi in cui eventuali reazioni infiammatorie nel corpo materno potrebbero danneggiarlo”. Nei casi in cui il falso recettore è assente e le chemochine prodotte dalla risposta immunitaria giungono alla placenta, si può innescare un’infiammazione, la placentite, che può provocare un aborto, come spiega Locati:
“Un situazione clinica di questo tipo si verifica nelle donne affette da una particolare complicanza del lupus eritematoso, la sindrome antifosfolipidica, che nel 50 per cento dei casi causa l’interruzione spontanea della gravidanza. Sappiamo che questo tipo di complicanza si sviluppa in animali geneticamente modificati in cui D6 non è presente a livello della placenta; ora stiamo cercando di capire se nelle donne affette da sindrome antifosfolipidi e con aborti ricorrenti esiste un difetto di funzione di questo falso recettore”. L’assenza o l’inefficienza dei falsi recettori è all’origine di molti fenomeni di infiammazione cronica che possono portare anche allo sviluppo di tumori. Attualmente questo meccanismo è in fase di studio per quanto riguarda lo sviluppo della colite e del morbo di Crohn.

Di Carlo Falciola

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