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L’importanza della medicina di genere

Come ci spiega la dottoressa Patrizia Presbitero, responsabile dell’Unità Operativa di Emodinamica e Cardiologia Interventistica di Humanitas, la medicina di genere si è sviluppata negli ultimi anni e si concentra sulle diversità nella manifestazione clinica e nella risposta ai trattamenti di uomini e donne in alcune malattie, quelle che però non riguardano organi specifici maschili e femminili.

La frequenza e l’incidenza della malattia possono essere legate a una differenza genetica o all’influenza della società legata al genere. Il sistema immunitario si comporta in modo diverso nell’uomo e della donna ed è interessante osservare come vi siano patologie più frequenti nelle donne, come lupus eritematoso, artrite, malattie autoimmuni e stenosi mitralica. Un altro esempio è la sindrome Tako-Zubo, il cosiddetto “morire di crepacuore”, una malattia che colpisce per il 95% le donne e che è del tutto simile a un infarto. È dovuta a una paralisi di una parte del cuore per una scarica di catecolamina, scarica che può avere origine emotiva o fisica. L’infarto miocardico, la cui causa risiede nell’occlusione coronarica, è uguale negli uomini e nelle donne ma la mortalità femminile a trenta giorni è più elevata. I motivi sono sì da ricercare nel fatto che le donne sono colpite da infarto in età più avanzata e sono spesso ipertese e diabetiche, ma anche nel loro arrivare più tardi in ospedale per sottoporsi alla necessaria terapia riperfusiva.

Perché questo accade?

Perché le donne tendono a sottostimare, a non lamentarsi, a non dare rilevanza eccessiva ai segnali del proprio corpo. Fino a qualche anno fa inoltre non erano disponibili stent metallici adatti alle coronarie delle donne, che sono più strette di quelle degli uomini. La medicina di genere è dunque importante perché solo tenendo conto delle differenze tra uomini e donne si abbassa il rischio di mortalità e si migliora l’efficacia dei trattamenti.

La medicina di genere è un tema centrale perché è doveroso che ci si faccia carico delle differenze di sesso (geneticamente dato) e di genere (componente culturale), sottolinea il professor Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas. Il sistema immunitario costituisce un paradigma differente per sesso e genere. Le malattie autoimmuni, per esempio, hanno una diversa distribuzione tra uomini e donne e colpiscono prevalentemente quest’ultime. L’artrite reumatoide, il lupus, la cirrosi biliare primitiva, sono esempi tipici di differenza di genere nella medicina.

Anche a parità di malattia, possono presentarsi problemi diversi negli uomini e nelle donne. Ne è un esempio il lupus: nelle donne colpite una delle sfide è rendere loro possibile una gravidanza. Ed è proprio di sfide come questa che la medicina deve prendere atto e mettere in campo strategie. Se provassimo a quantificare, con il numero simbolico di 100 il carico delle malattie del mondo – e della conseguente sofferenza – 80 di questo carico grava sulle donne: ecco perché possiamo parlare di sfida di medicina globale. Gioca un ruolo fondamentale poi la ricerca, dove specificità di genere e sistema immunitario sono due mondi connessi. Abbiamo scoperto per esempio molecole di interfaccia tra immunità e fertilità femminile; tra queste, alcune risultano essere una sorta di “guardiani” nella placenta, deputati a difendere il prodotto del concepimento.

“A questo si può aggiungere che il cromosoma X, presente in due copie nelle donne, contenga numerosi geni, fondamentali per il corretto funzionamento del sistema immunitario. Inoltre, la gravidanza ha generalmente un effetto positivo sull’andamento delle malattie autoimmuni, rendendole meno aggressive per lo meno fino al parto”, aggiunge il prof. Carlo Selmi, responsabile di Reumatologia e Immunologia Clinica in Humanitas e docente presso l’Università degli Studi di Milano.
Un’altra sfida di genere riguarda la vaccinazione come intervento immunologico principe: il vaccino contro il papilloma virus (che colpisce moltissime donne) è un esempio cardine. Per concludere poi, occorre sottolineare che ci sono anche sfide culturali: grazie all’iniziativa di salute globale del GAVI (Global Alliance for Vaccines and Immunisation) abbiamo cercato di salvare quei bambini esclusi dai vaccini base e abbiamo così rilevato come non sia paritetico l’accesso alle vaccinazioni per i maschi e le femmine. Salvo alcuni contesti etnici, i neonati maschi sono privilegiati rispetto alle femmine: questa è una sfida di genere, di giustizia, di condivisione; la medicina deve farsi carico e deve raggiungere l’ultimo villaggio, l’ultima bambina.

Al convegno interverrà anche il dott. Corrado Tinterri, direttore dell’Unità di Senologia presso Humanitas Cancer Center, con un contributo sul tumore al seno.
Come ci spiega, l’Unione Europea ha chiesto di definire un modello assistenziale per questa patologia, la cui diffusione è profondamente rilevante e alla quale sono legate anche implicazioni personali, etiche, economiche e sociali. La situazione attuale vede un incremento dell’insorgenza del tumore al seno nelle giovani donne (sotto i 49 anni) con una conseguente più alta mortalità. A essere interessati non più solo i Paesi occidentali, ma anche quelli in via di sviluppo: una situazione che richiede una riflessione e una strategia per il futuro, dato il diffondersi di questa “epidemia”.

È importante ricordare che una donna su otto viene colpita da tumore alla mammella almeno una volta nella vita. I cambiamenti nello stile di vita, con un mutato panorama riproduttivo, e gli approcci allo screening sono solo due degli aspetti che occorrerà tener presenti per capire come intervenire. 

 

Vedi l’infogragica dedicata alla prevenzione del tumore al seno.

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