L’epatocarcinoma è il tumore primitivo più comune del fegato. Nella maggior parte dei casi, si sviluppa su un quadro di malattia cronica epatica ed è particolarmente difficile da trattare con efficacia. Tuttavia, un trial clinico multicentrico di fase 3, denominato HIMALAYA, offre nuove speranze di cura: i suoi risultati a cinque anni sono stati recentemente pubblicati sul prestigioso Journal of Hepatology.
Lo studio ha valutato l’efficacia di una nuova combinazione di immunoterapia, costituita da tremelimumab e durvalumab, nei pazienti con epatocarcinoma non resecabile, ovvero non operabile chirurgicamente. I risultati a cinque anni sono stati sorprendenti, evidenziando un netto miglioramento della sopravvivenza rispetto al trattamento standard.
L’analisi a 5 anni dello studio è stata coordinata da Lorenza Rimassa – professore associato di Oncologia Medica presso Humanitas University e Responsabile dell’Oncologia Epatobiliopancreatica del Cancer Center di Humanitas – in collaborazione con il PI globale dello studio, il Prof. Ghassan K. Abou-Alfa del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, e segna l’inizio di una nuova prospettiva terapeutica per questa malattia.
Un trattamento innovativo per l’HCC non resecabile
L’epatocarcinoma è una delle forme di cancro più difficili da trattare, in particolare nei pazienti con malattia non resecabile. La sopravvivenza media è a oggi limitata a 16-20 mesi, nonostante il progresso medico, che ha portato però a miglioramenti non ancora soddisfacenti.
Lo studio HIMALAYA ha introdotto una nuova combinazione di immunoterapia, ottenendo risultati sorprendenti: il 19,6% dei pazienti trattati con questo protocollo innovativo sono sopravvissuti oltre 5 anni, rispetto a 9,4% dei pazienti trattati con la terapia standard.
“Questo risultato è una pietra miliare per il trattamento del tumore al fegato non resecabile e segna un punto di riferimento per la ricerca futura,” afferma Rimassa. “Il dato di sopravvivenza a 5 anni del 19,6%, mai riportato prima in studi di fase 3 per questo tumori, rappresenta un traguardo inaspettato e stimolante.”
Un altro elemento fondamentale del trattamento valutato è il suo profilo di sicurezza. Lo studio ha dimostrato che il trattamento non ha provocato effetti collaterali tardivi di grave entità, un aspetto di primaria importanza per i pazienti che devono seguire terapie protratte nel tempo.
“La sicurezza è un fattore determinante, soprattutto in un contesto in cui i pazienti vivono con una malattia cronica e richiedono terapie a lungo termine,” conclude Rimassa. “I risultati ci permettono di guardare al futuro con maggiore fiducia: questo studio rappresenta una vera e propria svolta nella terapia dell’epatocarcinoma non resecabile.”
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