Le CAR-T sono un trattamento innovativo, già in uso dal 2019, che utilizza le cellule T del sistema immunitario del paziente stesso, in cui viene inserito del materiale genetico in grado di esprimere un recettore per l’antigene tumorale che si vuole colpire. Si tratta di una terapia utilizzata in pazienti oncologici che presentano recidive o quando una o più linee di terapia falliscono. In particolare, le patologie oggi consolidate per l’impiego delle CAR-T sono i linfomi diffusi a grandi cellule B, i linfomi mantellari, i linfomi follicolari, i mielomi e la leucemia linfoblastica B.
Come funziona il trattamento CAR-T? Ne parliamo con la dottoressa Stefania Bramanti, capo sezione dell’Unita Trapianto e CAR-T presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano.
Come funziona il trattamento CAR-T?
Il sistema immunitario, normalmente, è in grado di controllare la crescita anomala delle cellule tumorali, ma, in determinate condizioni patologiche, questa capacità viene meno. In questi casi, grazie alla Ricerca scientifica e tecnologica, è oggi possibile modificare i linfociti T del sangue del paziente in modo che possano riconoscere e distruggere le cellule tumorali. Parliamo quindi di un trattamento complesso, che comporta procedure molto rigide e che, per questo, può essere effettuato solo in alcuni centri autorizzati e accreditati.
Le CAR-T, infatti, sono un farmaco personalizzato che comporta il prelievo e l’ingegnerizzazione delle cellule T del paziente. Più nello specifico, i linfociti T del sangue periferico vengono prelevati con uno strumento dedicato, un separatore cellulare, e quindi inviati presso un centro di manipolazione cellulare, dove avviene il processo di ingegnerizzazione genetica. Al termine di questo processo le CAR-T vengono infuse nel paziente per via endovenosa, con la stessa modalità di una trasfusione di sangue. Le cellule infuse sono a questo punto in grado di identificare il bersaglio tumorale e distruggerlo definitivamente risparmiando i tessuti sani.
L’ingegnerizzazione delle CAR-T e le terapie di supporto
Il processo di ingegnerizzazione genetica delle CAR-T serve a introdurre il materiale genetico necessario per armare i linfociti T contro il bersaglio tumorale da colpire e rendere così le cellule del sistema immunitario dei pazienti in grado di uccidere le cellule tumorali. Ha una durata di circa 4 settimane. Si tratta infatti di un procedimento complesso, che comporta alti standard di sterilità e di controllo delle cellule. Una volta terminata la fase di manipolazione cellulare, il paziente accede in ospedale per l’infusione delle CAR-T, che dura circa una giornata. All’infusione delle CAR-T segue un ricovero di circa 10 giorni. Per prepararsi all’infusione, inoltre, al paziente viene somministrato un trattamento chemioterapico (linfodeplezione) utile a favorire l’attività delle CAR-T al momento dell’infusione.
Oltre al trattamento chemioterapico, i pazienti che presentano forme particolarmente aggressive di malattia sono anche sottoposti a terapie cosiddette “ponte”, che consentono di controllare la quantità di malattia in attesa dell’esecuzione della terapia CAR-T. Il tempo di attesa tra il prelievo delle cellule del paziente e l’ingegnerizzazione delle CAR-T, infatti, può risultare piuttosto lungo, soprattutto in presenza di leucemie acute e linfomi particolarmente aggressivi. In altri casi, per esempio in caso di linfomi indolenti a bassa malignità, la terapia ponte può non essere ritenuta indispensabile.
CAR-T: qual è l’efficacia della terapia?
Il trattamento CAR-T ha una capacità di distruzione delle cellule tumorali altamente superiore ai trattamenti precedenti. Nell’ambito dei linfomi non Hodgkin B diffusi, in un contesto di malattia chemio-refrattaria, circa la metà dei pazienti può raggiungere la guarigione definitiva .
Eccellenti risultati anche nell’ambito del linfoma mantellare non responsivo a due linee di terapie e nel linfoma follicolare.
Promettenti i risultati nell’ambito dei pazienti affetti da mieloma multiplo recidivato refrattario a tre linee di terapia convenzionale, e in arrivo a breve CAR-T sempre più efficaci sin dalla ricaduta dopo la prima linea. Inoltre, va ricordato che per i pazienti in cui le CAR-T falliscono sono oggi possibili in alcuni casi anche altre strade di trattamento ulteriori.
La terapia CAR-T può comportare tuttavia l’insorgenza di due effetti collaterali peculiari e pertanto il suo utilizzo è affidato solo ad alcuni centri selezionati: la sindrome da rilascio di citochine e la neurotossicità sono effetti collaterali e oggi sono gestibili con un protocollo di terapia antinfiammatoria e steroidea molto precoce e sempre meno necessitano il ricovero in terapia intensiva.
Qual è l’esperienza di Humanitas in questo ambito?
Humanitas ha costituito un CAR-T team nel 2019 con personale dedicato e ha infuso a oggi quasi 200 CAR-T, contribuendo in maniera significativa alla valutazione dell’esperienza real life della Società Italiana di Ematologia, mettendo a servizio della comunità scientifica dati sull’efficacia e la tossicità.
Le prospettive della Ricerca
Oggi è già possibile concludere il processo di ingegnerizzazione per alcune CAR-T in un tempo minore di 4 settimane, per esempio si possono infondere alcune CAR-T già a 10 giorni dal prelievo delle cellule del paziente. Si tratta di un grande vantaggio, perché consente di evitare la terapia ponte. Inoltre, è anche già possibile anticipare l’utilizzo del trattamento CAR-T a linee di malattia più precoci in alcuni gruppi ad alto rischio, individuando quindi pazienti che possono essere trattati in anticipo con le CAR-T.
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