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Le relazioni pericolose tra doping e cancro

L’uso di farmaci per migliorare le prestazioni atletiche può avere una relazione con l’insorgenza di tumori?

Non esiste alcun dubbio in merito al fatto che le cosiddette sostanze dopanti, utilizzate per migliorare le performance sportive, degli atleti siano dannose per l’organismo: fin dagli anni ’70 la letteratura medica ha portato prove scientifiche di tali danni, che si manifestano nel breve come nel lungo periodo. È possibile che, oltre a questo, il doping favorisca l’insorgenza di alcuni tumori? Ne abbiamo parlato con il dott. Michele Lagioia, ciclista amatore, medico igienista e direttore medico di presidio di Humanitas.

 

Dott. Lagioia, esistono evidenze scientifiche del collegamento fra doping e cancro?

Certamente alcune delle sostanze che venivano utilizzate, in un passato anche recente, possono aumentare il rischio di sviluppare un tumore. Dal punto di vista epidemiologico, l’assunzione di testosterone , ormone della crescita (GH) e sostanze analoghe come anabolizzanti, che riguarda le discipline nelle quali è necessaria la forza fisica, ha una correlazione forte con il cancro della prostata e quello dei testicoli. Più debole, invece, l’associazione con il tumore primitivo del fegato. È ovvio però che questi dati si riferiscano a quanto succedeva anni fa, poiché questo tipo di effetti collaterali si manifesta dopo lunghi periodi di tempo (talvolta decenni). Per fortuna, la diffusione di queste sostanze è attualmente molto diminuita.

 

Pensa quindi che attualmente le cose siano diverse?

I farmaci utilizzati ed i metodi del doping cambiano continuamente, allo scopo di ingannare i controlli e di offrire vantaggi più consistenti agli atleti. Questo rende ancora più pericolosa la loro assunzione, poiché non c’è tempo di studiarne le conseguenze sull’organismo, né sul breve né sul lungo periodo. Non credo che le cose siano cambiate in meglio, anche perché la sensazione è che il ricorso alle sostanze dopanti tenda purtroppo a cominciare sempre più presto, fin dall’adolescenza. Questo amplificherebbe ulteriormente i danni: quando l’organismo è ancora nella fase di crescita è certamente più vulnerabile di quello di un adulto.

 

Ed il cosiddetto doping “genetico”?

Fra le nuove molecole che nascono ogni giorno, anche fra quelle studiate a scopo terapeutico, ce ne sono molte che potrebbero aumentare le prestazioni sportive e che vengono spesso utilizzate senza conoscerne gli effetti. Per esempio, sebbene il cosiddetto doping “genetico” ufficialmente non esista, i farmaci che regolano l’ipercrescita dei miociti (le “fibre” muscolari) sono già in corso di sperimentazione. Queste sostanze, studiate per la terapia delle patologie che determinano la degenerazione dei muscoli, somministrate ad un atleta consentirebbero risultati altrimenti impensabili; le conseguenze di un uso non clinico, però, potrebbero essere devastanti.

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