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Inquinamento e rischio cardiovascolare: i risultati di uno studio di Humanitas e Istituto Nazionale dei Tumori

L’inquinamento atmosferico con elevate concentrazioni nell’aria di Pm10, gli sbalzi di temperatura troppo bassa o troppo alta e picchi influenzali minacciano la nostra salute, soprattutto quella cardiovascolare e in particolare nel Nord Italia. A dimostrarlo è uno studio condotto da Humanitas insieme all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

Lo studio che incrocia eventi cardiovascolari e dati su inquinamento

Lo studio – pubblicato sulla rivista scientifica International Journal of Environmental Research and Public Health e condotto dall’ Istituto Clinico Humanitas insieme all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano (INT) – ha dimostrato che il rischio di accesso al pronto soccorso per eventi cardiovascolari acuti è associato all’aumento del particolato atmosferico (PM10) secondo un andamento stagionale, più dannoso nel periodo autunno-inverno, ma anche più pericoloso nelle giornate con alte temperature atmosferiche. 

Inoltre, per la prima volta al mondo, la ricerca ha osservato l’associazione tra aumento del PM10 e patologie cardiovascolari durante i picchi di epidemie influenzali

L’indagine è stata realizzata selezionando 1349 eventi cardiovascolari diagnosticati al pronto soccorso dell’Istituto Clinico Humanitas a Milano (nel periodo 2014-2015) e utilizzando i dati pubblici sulle concentrazioni giornaliere di PM10 messi a disposizione dall’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Lombardia (ARPA). 

Per ogni persona che si è presentata al pronto soccorso, è stata calcolata l’esposizione a particolato atmosferico il giorno stesso dell’accesso in pronto soccorso, nel primo e secondo giorno precedente e successivo a tale data, per valutare la rapidità dell’effetto nocivo del PM10.

Lo studio epidemiologico è stato condotto utilizzando una metodologia di tipo case-crossover che elimina alcuni possibili fattori confondenti rendendo più sicura l’analisi dei dati.

Le evidenze scientifiche

“Per la prima volta al mondo siamo riusciti a dimostrare che durante il periodo ad alta prevalenza di infezioni da virus influenzali il PM10 risulta più dannoso per l’apparato cardiovascolare: il rischio di accessi al pronto soccorso per eventi cardiovascolari per ogni 10 μg/m3 di PM10 diventa del 134%”, ha sottolineato Michele Ciccarelli, Responsabile dell’Unità Operativa Medicina generale e pneumologia dell’Istituto Clinico Humanitas.

“Questo risultato è indipendente dalle basse temperature e dalla stagionalità ed è importante perché identifica il periodo dell’anno dove è più alta la pericolosità del PM10”.

I risultati ci dicono anche “che in occasione di giornate calde, per ogni incremento di 10 μg/m3 di PM10 si manifesta un aumento del 34% di eventi cardiovascolari. I cambiamenti climatici in atto renderanno quindi, inevitabilmente, l’effetto del particolato atmosferico più pericoloso di quanto sia ad oggi, soprattutto considerando che l’IPCC, il gruppo di lavoro sui cambiamenti climatici dell’ONU, ha valutato l’area del Mediterraneo come una delle più vulnerabili al mondo per questo tipo di fenomeni”, ha spiegato Paolo Contiero, Responsabile della Struttura Semplice di Epidemiologia Ambientale dell’INT.

Per Roberto Boffi, Responsabile della Pneumologia e del Centro antifumo INT, “l’effetto del PM10 muta a seconda delle stagioni. In particolare, in autunno e in inverno l’innalzamento di 10 μg/m3 di PM10 è causa di un incremento del rischio cardiovascolare tra il 18 e il 23%, probabilmente a causa della diversa composizione chimica del particolato atmosferico e della diversa risposta fisiologica agli stress ambientali. Il nostro studio evidenzia come per la presenza simultanea di più fattori di stress fisiologico, inquinamento, temperatura e stagionalità possano interagire tra di loro mettendo in difficoltà l’apparato cardiovascolare”, ha aggiunto.

“Nei pazienti affetti da neoplasia, nella stagione calda l’effetto del PM10 sull’insorgenza di patologie cardiovascolari è ancora più marcata, raggiungendo un incremento di rischio dell’88%. Questo effetto del PM10 è assolutamente rilevante, perché colpisce una popolazione particolarmente fragile come quella delle persone con una diagnosi di tumore” – aggiunge Giovanna Tagliabue, Responsabile della Struttura Semplice Registro Tumori dell’INT.

Possibili soluzioni per il futuro

Gli studiosi che hanno collaborato nella ricerca concordano sul fatto che, in prospettiva, potrebbe essere utile rivalutare i limiti di legge in merito alle concentrazioni di particolato atmosferico abbassandoli, ad esempio, nei periodi di picco delle temperature più calde o fredde

Inoltre, sarebbe auspicabile una maggiore azione di informazione da parte dei medici di medicina generale e degli specialisti verso i propri pazienti, soprattutto se fragili, rispetto alle giornate più a rischio.

Boffi e Ciccarelli concludono che “questo studio ha dimostrato quanto possa essere fruttuosa la collaborazione multidisciplinare tra epidemiologi e clinici nello studio di queste patologie e tra due importanti IRCCS come l’Istituto Nazionale dei Tumori e Humanitas”.

Fonti: Contiero P, Boffi R, Tagliabue G, et al. A Case-Crossover Study to Investigate the Effects of Atmospheric Particulate Matter Concentrations, Season, and Air Temperature on Accident and Emergency Presentations for Cardiovascular Events in Northern Italy. Int J Environ Res Public Health. 2019 Nov 21;16(23)

 

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