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L’impegno nel contrastare la sepsi: il professor Cecconi ci racconta la Surviving Sepsis Campaign

Nel 2017 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la sepsi un’emergenza globale; si pensi che se ne registrano 30 milioni di casi all’anno in tutto il mondo. La sepsi è una risposta sregolata e sproporzionata del nostro organismo a un’infezione e se non opportunamente diagnosticata e trattata può essere fatale.

La sepsi si manifesta con febbre elevata e sintomi quali respiro affannoso e confusione mentale. In loro presenza è fondamentale recarsi immediatamente in Pronto soccorso, al fine di poter confermare o escludere una condizione di sepsi.

La prevenzione, la diagnosi e il trattamento della sepsi sono al centro di diversi sforzi. In particolare, la European Society of Intensive Care Medicine (ESICM) e la Società Americana di Medicina Critica hanno promosso la Surviving Sepsis Campaign. Ne parliamo con il professor Maurizio Cecconi, Direttore del Dipartimento Anestesia e Terapie Intensive in Humanitas e Presidente eletto di ESICM per il biennio 2020-2021.

La Surviving Sepsis Campaign

“L’impegno per contrastare la sepsi e diminuire la mortalità a essa legata passa attraverso un programma che punta ad aumentare la consapevolezza sia negli operatori sanitari sia nella popolazione, in termini di prevenzione e riconoscimento di segni e sintomi; e a favorire una diagnosi corretta aumentando così il ricorso al trattamento appropriato.

Abbiamo così messo a punto una serie di Linee guida e “Bundles” applicabili (anche adattandoli localmente) in tutti gli ospedali e abbiamo dimostrato che i Centri che le adottano presentano una diminuzione dei casi di mortalità per sepsi. Le linee guida vengono riviste e aggiornate ogni quattro anni, anche alla luce delle ultime evidenze emerse negli studi clinici.

Alcune delle misure riguardano, per esempio, l’esecuzione di esami colturali prima della terapia antibiotica per identificare il batterio responsabile dell’infezione e la somministrazione di una terapia antibiotica precoce (entro un’ora dalla diagnosi)”.

La prevenzione delle infezioni

“Il contrasto alla sepsi è un impegno globale, un progetto che vede insieme l’Organizzazione Mondiale della Sanità e diverse Società Scientifiche, anche sul fronte dell’informazione e della prevenzione, mentre fino ad alcuni anni fa, purtroppo, di sepsi si parlava poco.

La prevenzione delle infezioni è fondamentale per limitare il rischio di sepsi: chiunque abbia un’infezione infatti può sviluppare una sepsi; particolarmente a rischio sono le donne in gravidanza, i neonati, gli anziani, le persone immunodepresse, i pazienti ospedalizzati e i malati cronici. Si pensi che 1,2 milioni di bambini nei Paesi in via di sviluppo sono colpiti da sepsi.

È dunque importante sensibilizzare la popolazione ad adottare alcune misure che possano contribuire a ridurre il rischio di infezioni, come lavare le mani, consumare acqua e alimenti sicuri, vaccinarsi. Così come è importante che le strutture sanitarie seguano misure di prevenzione delle infezioni.

In presenza di un caso di sepsi, infine, occorre gestirlo in uno sforzo di gruppo concertato, adottando strategie condivise. In questo senso le Linee guida della Surviving Sepsis Campaign possono essere usate come punto di partenza per lo sviluppo di protocolli locali.

Abbiamo fatto così anche in Humanitas. Già prima del mio arrivo, l’ospedale aveva messo in piedi una serie di strategie per prevenire e trattare la sepsi. Da quando sono arrivato abbiamo lavorato insieme alla Direzione sanitaria e ai vari interlocutori dell’ospedale per aumentare ancora di più la consapevolezza di che cos’è la sepsi, di come prevenirla e di come trattarla al meglio. I dati sono incoraggianti e ci fanno vedere che sforzi condivisi possono veramente fare la differenza sull’esito dei nostri malati.

Prevenire la sepsi e limitarne la mortalità è possibile: ecco perché è importante l’impegno di tutti sul fronte della corretta informazione, della prevenzione, così come della diagnosi tempestiva e del trattamento appropriato”, ha concluso il professor Cecconi.

 

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