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Cataratta, la vista può migliorare ancora dopo l’intervento?

La cataratta è un disturbo della vista che, se sottovalutato e non curato, potrebbe portare ad una progressiva riduzione della vista in seguito ad una opacizzazione del cristallino, la ‘lente’ posta all’interno dell’occhio che consente di mettere a fuoco le immagini sulla retina. Ne abbiamo parlato con il professor Paolo Vinciguerra, responsabile del Centro Oculistico di Humanitas e docente alla Humanitas University.

La diagnosi

“La diagnosi di cataratta si effettua nel corso di una visita specialistica, grazie ad esami specifici eseguiti dall’oculista quali l’esame biomicroscopico completo e l’esame della refrazione e dell’acutezza visiva – ha spiegato il professore -. Inoltre, più avanzate metodiche diagnostiche comprendono l’aberrometria oculare, un esame che analizza le proprietà ottiche dell’occhio ed è in grado di riconoscere, spesso prima dei sintomi più conclamati, la “sindrome del cristallino disfunzionale”, cioè quella fase in cui si apprezza un disagio visivo ma non sono ancora presenti altri e più marcati segni. In previsione dell’intervento poi, il paziente verrà sottoposto a ulteriori indagini specifiche”.

La terapia

Al momento l’unica terapia possibile è quella chirurgica: la maggior parte degli oculisti, infatti, consiglia l’intervento chirurgico quando la cataratta inizia a compromettere la qualità della vita o a interferire con le normali attività quotidiane, come leggere o guidare di notte. 

L’intervento, eseguito in day hospital, consiste nell’asportazione della parte di cristallino diventata opaca e nell’impianto di una lente sostitutiva in materiale plastico. Nella maggior parte dei casi non sono necessari punti di sutura, ma le protesi inserite al posto del cristallino, in quanto protesi, possono essere rese più confortevoli se in presenza di alcuni requisiti anatomici e clinici del paziente.

Pre e post operatorio: che fare?

Come ribadito dallo specialista, la correzione della cataratta può avvenire solo per via chirurgica: “In alcuni casi però – ha aggiunto il professor Vinciguerra – un ulteriore trattamento laser per migliorare la situazione. Per ottenere le migliori prestazioni possibili dall’impianto di una lente multifocale o trifocale sono necessari alcuni requisiti anatomici e clinici: una cornea con forma regolare senza aberrazioni ottiche, retina, specie la macula senza patologie”. 

Nell’operazione è possibile inoltre utilizzare anche lenti con caratteristiche particolari: quelle multifocali, ossia capaci di mettere a fuoco a due distanze, una da lontano e una da vicino; le toriche, che consentono di correggere l’astigmatismo, difetto visivo congenito per cui gli oggetti appaiono distorti e sfuocati, sia da lontano sia da vicino; le asferiche, la cui forma più curva nel centro e piatta ai bordi, compensando i naturali difetti della cornea, permette una visione migliore in qualsiasi situazione migliorando la sensibilità al contrasto e quelle filtrate, che grazie a speciali pigmenti assorbono e filtrano i raggi dannosi per la retina, tra cui quelli solari ultravioletti.

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