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Fertilità e vita sessuale

Nell’ambito della qualità di vita di un paziente la funzione sessuale e quella riproduttiva svolgono un ruolo centrale. Le patologie oncologiche e i relativi trattamenti hanno un impatto negativo sulla sessualità con ripercussioni organiche e psicodinamiche importanti. Anche in ragione dell’enorme miglioramento di sopravvivenza e qualità di vita del malato, la sessualità ha oggi un ruolo fondamentale. È stato dimostrato che il mantenimento di un’adeguata vita sessuale migliora l’accettazione della malattia e lo stress derivato dalla diagnosi di cancro.
In una pubblicazione del 2006, la maggiore Società Scientifica Oncologica internazionale (American Society of Clinical Oncology – ASCO) ha ribadito che gli oncologi devono discutere in dettaglio con i pazienti oncologici in età riproduttiva l’impatto dei trattamenti antineoplastici sulla riproduzione e indirizzare i pazienti verso gli specialisti di preservazione della fertilità.

Fertilità e vita sessuale per lei

I danni derivanti da alcuni trattamenti contro i tumori possono causare la disfunzione sessuale anche nelle donne. Una disfunzione sessuale può comportare la perdita di desiderio e difficoltà nell’eccitazione in entrambi i sessi, e nelle donne, dispareunia derivante da secchezza vaginale, lubrificazione insufficiente, atrofia e stenosi. Ovviamente, i casi nei quali questo si verifica più spesso riguardano il trattamento dei tumori nella zona pelvica, come per esempio il tumore della cervice e quello dell’ovaio. Chi riceve una diagnosi per queste patologie dovrebbe discutere con il proprio ginecologo dei cambiamenti cui potrebbe andare incontro la propria vita sessuale, per affrontarli al meglio.

Gli standard riproduttivi in Italia sono molto cambiati negli ultimi due decenni. Basti pensare che l’età media femminile alla prima gravidanza è passata dai 25.2 anni nel 1981 ai 30.1 anni nel 2008. Le probabilità di concepire sono inversamente proporzionali all’età della donna e già dopo i 35 anni sono fortemente ridotte, con verificato aumento dell’abortività spontanea anche in pazienti non sottoposte alle terapie.
Da questo consegue naturalmente che in Italia un numero sempre crescente di donne in età riproduttiva si trovi ad affrontare la diagnosi di neoplasia. Spesso, nella gestione della patologia, queste pazienti devono sottoporsi a cicli di chemioterapia, radioterapia o interventi chirurgici demolitivi quando non hanno ancora realizzato il desiderio di gravidanza. È dunque importante fornire a queste donne una corretta informazione su effetti e conseguenze delle terapie alle quali sono candidate, non solo rispetto al rischio oncologico, ma contemplando anche la funzione endocrino/riproduttiva.
La chemioterapia, per esempio, può indurre nella donna un esaurimento della riserva ovarica che può comportare la menopausa precoce o, comunque, un danno ovarico.
In molti casi, nelle neoplasie ormono sensibili, i protocolli di terapia dopo l’intervento chirurgico prevedono l’associazione alla chemioterapia di una terapia ormonale (antiestrogeni o inibitori delle aromatasi) e/o soppressiva dell’attività ipofisaria (analoghi del releasing hormone delle gonadotropine). Queste terapie inducono a procrastinare anche di molti anni la ricerca di una gravidanza, spesso oltre l’età riproduttiva.
L’esperienza clinica di questi anni nel campo della medicina della riproduzione e l’utilizzo di nuovi strumenti diagnostici consentono non solo di predire, ma di monitorare nel tempo la riserva ovarica, anche in rapporto con l’età biologica della paziente.
Una consulenza riproduttiva terrà quindi conto delle aspettative della paziente in funzione dell’età e delle terapie proposte, sul monitoraggio della funzione ovarica e sulla eventualità di una conservazione parziale delle possibilità procreative, attraverso la crioconservazione degli ovociti maturi ottenuti dopo una stimolazione ormonale o di frammenti di tessuto ovarico, tutte strategie che offrono importanti prospettive per una futura gravidanza. Una volta superata la malattia, infatti, la paziente potrà scegliere se utilizzare il proprio materiale crioconservato per cercare di avere un figlio.

Fertilità e vita sessuale per lui

Anche per i maschi, i tassi di sopravvivenza sono notevolmente migliorati nel corso degli ultimi due decenni. Il progressivo incremento di giovani maschi liberi da malattia ma non ancora genitori, impone necessariamente una maggiore attenzione verso la preservazione della loro fertilità. La salute sessuale, al pari della fertilità è un diritto del paziente oncologico e deve essere valutata in sede preliminare informando i pazienti sui possibili rischi determinati dalle terapie. Il paziente deve essere seguito dall’andrologo durante il percorso diagnostico-terapeutico oncologico.

La preservazione della fertilità maschile è una procedura estremamente più semplice rispetto a quella femminile: basta raccogliere uno o due campioni di seme prima di iniziare i trattamenti. I Centri Pubblici o Privati in grado di crioconservare il seme sul territorio nazionale sono numerosi. Spesso la qualità seminale non è ottimale, ma l’uso delle moderne procedure di procreazione medicalmente assistita consente di ovviare a tale deficit. Nei casi di azoospermia (assenza di spermatozoi nello sperma) è possibile oggi ricorrere a un prelievo microchirurgico di gameti dai testicoli.
Questa procedura è applicata anche ai casi più sfortunati, dove non si è ricorso al congelamento preventivo del seme e dopo i trattamenti chemio-radioterapici non si è recuperata la fertilità. Nel nostro Fertility Center abbiamo trattato 38 pazienti recuperando spermatozoi in 22 casi e, tra coloro che li hanno poi utilizzati per ICSI, abbiamo ottenuto 9 gravidanze a termine.
La frequenza di disfunzione sessuale nel malato oncologico è molto elevata sia nelle forme che coinvolgono direttamente gli organi genitali sia in quelle che li colpiscono indirettamente, per effetto “sistemico” delle chemio-radioterapie o per l’impatto psicodinamico della diagnosi oncologica.
Un monitoraggio della funzione sessuale pre-trattamento (alla diagnosi) e un adeguato counselling andrologico possono inoltre aiutare il paziente ad accettare la disfunzione sessuale, anche in relazione alla disponibilità di numerose terapie in grado di ripristinarla.