Domenica 29 settembre si è celebrata la Giornata Mondiale del Cuore 2002 voluta dalla World Heart Federation e organizzata in Italia dalla Fondazione Italiana per il Cuore. Un appuntamento dedicato alla prevenzione delle malattie cardiovascolari che costituiscono oggi la prima causa di morte e una delle più comuni cause di invalidità nella popolazione dei Paesi occidentali. Sul fronte dell’innovazione uno degli interventi di cardiochirurgia che sta destando maggior interesse è senza dubbio la chirurgia riparativa della valvola aortica. Dal 2001, infatti, Humanitas Gavazzeni è tra i primi centri in Italia che ha iniziato ad eseguire questa tecnica; con 24 interventi realizzati in meno di due anni e risultati importanti, l’ospedale vanta una ottima casistica a livello nazionale per questo tipo di intervento. Il lavoro scientifico e i dati relativi alla nuova tecnica verranno presentati durante il Congresso Nazionale di Cardiochirurgia che si svolgerà a Roma dal 23 al 27 novembre. Il dott. Vincenzo Arena, responsabile del Dipartimento Cardiovascolare di Humanitas Gavazzeni, spiega in cosa consiste la nuova tecnica e quali sono i vantaggi rispetto alla sostituzione valvolare.
Quali sono le patologie più frequenti a carico della valvole cardiache?
La quasi totale scomparsa della malattia reumatica ha portato a un cambiamento del tipo di patologia che colpisce le valvole mitrale e aortica. Ultimamente, la patologia che più di frequente si presenta a carico di queste due strutture valvolari è quella degenerativa. Per problemi costituzionali, a volte gli apparati valvolari mancano di elementi che ne garantiscano durata nel tempo e resistenza all’uso. Il ciclo cardiaco e la funzione del cuore sottopongono ininterrottamente le valvole ad un meccanismo di usura che, in assenza di determinate caratteristiche strutturali, ne provoca la degenerazione; ne consegue la comparsa di insufficienza o di incontinenza valvolare. Queste valvole, che appaiono aumentate di dimensioni, non riescono più ad assicurare una chiusura completa; nel tempo, l’incontinenza valvolare si aggrava, il rigurgito valvolare che ne deriva diventa sempre più importante e il cuore reagisce a questo fenomeno aumentando le sue dimensioni per far fronte all’aumentato carico volumetrico fino a ridurre la sua efficacia contrattile.
In cosa consiste l’intervento tradizionale di impianto di protesi?
Il modo più semplice per trattare chirurgicamente questo tipo di patologia è quello di sostituire le valvole malate con valvole artificiali (biologiche o meccaniche) perfettamente continenti e funzionanti. Ciò comporta però l’espianto della valvola malata e la sostituzione con protesi artificiali. L’impianto di protesi presenta però notevoli inconvenienti: la maggiore vulnerabilità alle infezioni, un funzionamento non fisiologico, l’uso obbligatorio degli anticoagulanti per quel che riguarda le protesi meccaniche o la necessità di un reintervento dopo 10-15 anni, per le protesi biologiche, reso inevitabile dalla degenerazione nel corpo umano di materiali provenienti dal mondo animale. Per tali motivi, dapprima a carica della valvola mitrale (per merito del francese Carpentier) e più recentemente a carico della valvola aortica (per merito di Tyrone David e Yacoub), si è sviluppata la chirurgia riparativa, che ha il grosso merito di conservare l’apparato valvolare nativo, donandogli la possibilità di funzionare correttamente.
Quando si è cominciato a parlare di riparazione della valvola aortica?
La chirurgia della valvola mitrale ha quasi 25 anni di storia, quella della valvola aortica praticata solo da 10 anni solo dopo l’avvento dell’ecotransesofageo. Tale metodica consente di mettere in evidenza intraoperatoriamente la morfologia della valvola, il meccanismo dell’insufficienza e l’efficacia della riparazione dato che, per la sua posizione anatomica, quando la valvola è in funzione, i suoi movimenti non sono più osservabili in nessun altro modo.
In cosa consiste la tecnica riparativa?
Viene individuato l’elemento che determina l’insufficienza valvolare, che può essere una dilatazione dell’anello aortico, una dilatazione della giunzione sinotubolare (il punto di passaggio tra la struttura valvolare e l’aorta ascendente) o una bicuspidia della valvola (la valvola, costituita normalmente da 3 elementi mobili, è costituita solo da 2 elementi). Durante l’intervento la valvola viene ispezionata, vengono misurati i suoi diametri e viene ridato il giusto calibro alla circonferenza della base aortica o alla giunzione sinotubolare, in modo da consentire alle cuspidi valvolari di riacquistare al centro dell’aorta il contatto dei 3 elementi e con esso la continenza valvolare. Nei casi in cui l’aorta è dilatata completamente, la valvola viene completamente isolata e reimpiantata all’interno di una protesi tubolare in dacron, un materiale assolutamente biocompatibile; in altri casi, soprattutto in presenza di bicuspidia, i 2 lembi che costituiscono la valvola vengono ripuliti, rimodellati e fatti ricombaciare l’uno all’altro, in modo da assicurare nuovamente la continenza.
Quali sono i vantaggi?
Questo tipo di chirurgia offre al paziente rischi molto bassi, indubbi vantaggi e risultati duraturi nel tempo. Sono pochissimi in Italia i centri che praticano tale metodica. Tempo fa un giocatore famoso come Kanu è dovuto ricorrere alle cure dell’americana Cleveland Clinic per la riparazione della valvola. Attualmente, grazie ai risultati ottenuti, al controllo degli stessi e all’esperienza maturata nel nostro Paese non occorre varcare l’Oceano per trovare una risposta terapeutica così sofisticata.
A cura di Francesca Di Fronzo
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