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Rinosinusite: i sintomi da non sottovalutare e le opzioni di trattamento

“La sinusite andrebbe più correttamente chiamata rinosinusite, proprio perché c’è un’implicazione, oltre che del naso, anche dei seni paranasali; il naso e i seni paranasali sono infatti due ambienti comunicanti attraverso una via labirintica”: a specificarlo è il dottor Luca Malvezzi, Otorinolaringoiatra e specialista in chirurgia cervico facciale in Humanitas, ospite in studio a “Il mio medico” su TV2000 proprio per parlare di rinosinusite.

“In presenza di una congestione delle fosse nasali si produce muco, il naso si chiude con conseguente difficoltà a respirare e abbiamo sì un raffreddore, ma con una compartecipazione delle camere vicine (i seni paranasali appunto), che allo stesso tempo producono muco e si congestionano. Il quadro sintomatologico dunque aumenta un po’ di graduazione: perdiamo l’olfatto, abbiamo ovattamento auricolare, sentiamo la testa nel pallone e a volte il muco si sovrainfetta perché l’ambiente non è salubre ma colonizzato da batteri; in questo caso il muco diventa giallo e a questo punto occorre trattare seriamente questa condizione”, ha precisato lo specialista.

Quali sono le cause della rinosinusite?

“Non le conosciamo ancora tutte; sicuramente lo sbalzo termico è uno shock per il nostro organismo e anche per l’ambiente naso-sinusale. Sono noti diversi fattori, ma non abbiamo ancora il quadro completo per quanto riguarda la diagnosi e il trattamento della rinosinusite, soprattutto nelle forme più complesse. Il quadro è particolarmente difficile perché l’ambiente naso-sinusale può essere complicato sia da un punto di vista anatomico, sia dalla presenza di cofattori importanti (come la primavera, con l’arrivo delle allergie, così come la fine del periodo estivo o l’inquinamento) favorenti l’infiammazione del naso e dei seni paranasali”.

Quando rivolgersi al medico?

“In genere, il raffreddore comune passa da solo senza che vi sia bisogno di alcuna terapia. È però importante sensibilizzare i pazienti e i medici di famiglia rispetto alla ripetitività della sintomatologia nel corso dell’anno e degli anni e rispetto alla continuità della sintomatologia stessa. È bene dunque rivolgersi allo specialista quando il raffreddore si manifesta con muco giallo, quando si ripresenta più volte nel corso dell’anno o nel caso in cui duri a lungo, oltre le 12 settimane.

Oggi, la rinosinusite cronica e le rinosinusiti ricorrenti sono considerate malattie più importanti rispetto al passato, anche perché si correlano ad altre problematiche del nostro organismo: molto frequentemente la rinosinusite è correlata a un pannello immunologico non propriamente adeguato, oppure a patologie delle basse vie respiratorie; il legame infatti tra alte e basse vie respiratorie è molto importante, così come il collegamento tra rinosinusite cronica e asma, su cui occorre sensibilizzare la popolazione”, ha spiegato il dottor Malvezzi.

Come si cura la rinosinusite?

“Se la rinosinusite è batterica (e dunque non abbiamo più solo un raffreddore virale) è necessaria la terapia antibiotica, alla quale in alcuni casi occorre aggiungere il cortisone. La comunicazione tra naso e seni paranasali è infatti molto stretta, qui la mucosa si congestiona e si gonfia impedendo l’ingresso dell’aria nei seni paranasali con conseguente impedimento nel drenaggio del muco e dunque l’effetto antiedemigeno del cortisone aiuta ad avere un’evoluzione più rapida verso la guarigione”.

Quando occorre la chirurgia?

“Anche in questo ambito rispetto al passato abbiamo molti cambiamenti. La cronicizzazione della sintomatologia porta frequentemente il paziente verso la soluzione chirurgica, ma è importante sottolineare che esistono diverse forme di rinosinusite. La più importante dal punto di vista dell’infiammazione è la rinosinusite con i polipi nasali, considerata in un certo senso il modello dell’infiammazione cronica. È inoltre la forma che più frequentemente si associa a comorbidità come allergia e asma, più resistente ai trattamenti chirurgici e che più frequentemente recidiva.

La chirurgia ha dunque un ruolo fondamentale nel controllo della sintomatologia, ma va affiancata al cortisone, che per anni è stato l’unico farmaco in grado di modificare in modo positivo la sintomatologia del paziente sinusitico.

Oggi però iniziamo ad avere alcuni farmaci biologici, ancora in fase sperimentale, che agiscono a livello dell’infiammazione in modo più preciso rispetto al cortisone”, ha sottolineato lo specialista.

Lavaggi nasali quotidiani per la prevenzione

“La prima regola è quella di sensibilizzarsi rispetto alla propria sintomatologia; consiglio poi di effettuare quotidianamente il lavaggio nasale, anche con semplice soluzione fisiologica, al fine di rimuovere le sostanze che respiriamo e che possono essere irritanti perché impattano negativamente sulla mucosa nasale, ma anche con l’obiettivo di fluidificare il muco aiutando così la mucosa nasale stessa a trasportare il muco in maniera più efficace”, ha concluso il dottor Malvezzi.

Guarda l’intervista completa al dottor Luca Malvezzi, clicca qui.

Specialista in Otorinolaringoiatria

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