La Fondazione Humanitas continua nel suo impegno per rendere qualitativamente sempre più alto il servizio di accoglienza e attenzione al malato. Per questo motivo è stato istituito un nuovo servizio offerto dalla Fondazione e attivo dal mese di marzo. Un gruppo di interpreti che aiuti il paziente straniero ricoverato presso l’Istituto Clinico Humanitas a sentirsi come a casa sua, a comprendere quello che dicono i medici e gli infermieri e ad essere compreso da loro.
In cosa consiste il nuovo progetto?
“E’ un progetto – dice Giuliana Bossi Rocca, Segretario Generale della Fondazione – che ci sta particolarmente a cuore e che avevamo in animo fin dalla nascita della Fondazione, nel 1999. E’ un servizio ormai indispensabile, soprattutto perché negli ultimi tempi, in Humanitas, l’affluenza di pazienti stranieri si è intensificata. Persone di lingue e culture diverse: arabo-musulmana, asiatica, slava ed europea, provenienti dall’estero perché attratti dalla reputazione dell’ospedale, ma anche residenti in Italia, per lo più in Lombardia e nel distretto di cui anche Rozzano fa parte”.
Chi c’è dietro questo servizio?
Le persone che offrono questo servizio non sono interpreti professionisti, ma hanno tutte una certa esperienza nel campo, esercitata in attività lavorative o di volontariato presso le scuole, il comune o la parrocchia. Sono tutti stranieri residenti in Italia, per lo più nel vicino comune di Pieve Emanuele. Uomini e donne, all’incirca sui quarant’anni d’età (oltre ad un giovane di 22 anni), che parlano un ottimo italiano oltre alla loro lingua madre: albanese, croato, serbo, bosniaco, russo, filippino, arabo, inglese, francese, tedesco, spagnolo e olandese”.
Come vengono scelti e preparati?
Accuratamente selezionati dalla Fondazione, con cui hanno un rapporto di tipo professionale, si sono messi a disposizione con entusiasmo, desiderosi di aiutare. Si sono dimostrati tutti estremamente consapevoli dell’importanza del servizio che prestano e della delicatezza del proprio ruolo. Preparati dai responsabili della Fondazione, costituiscono un legame efficiente e discreto tra il paziente straniero, il familiare e l’ospedale. Grazie a loro, i medici e gli infermieri possono comunicare con il paziente in modo sempre più rassicurante, anche perché l’interprete è percepito dai malati come amico fidato che parla la stessa lingua, conosce e condivide le tradizioni e le consuetudini della stessa cultura”.
A cura di Monica Florianello
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