La chirurgia mini-invasiva oggi è utile anche per il cancro del colon retto. Ma quali sono i suoi vantaggi? Ne parliamo con il prof. Marco Montorsi, Direttore della Cattedra di Chirurgia Generale dell’Università degli Studi di Milano e responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia Generale III di Humanitas, che risponde alle nostre domande facendo riferimento alla sua esperienza e ai dati scientifici più aggiornati al momento a sua disposizione.
“Ovviamente – spiega il prof. Montorsi,- è meno utile parlare in generale dei benefici della chirurgia mini-invasiva nel caso di cancro del colon retto. Meglio dunque prendere in esame un caso ben preciso: tumore del colon in stadio iniziale senza metastasi a distanza. In questo caso, l’intervento di resezione intestinale per via laparoscopica si sta affermando come una valida alternativa alle tecniche tradizionali ad addome aperto”.
Con la laparascopia si soffre meno?
“Sì. Una recente meta-analisi – ossia una valutazione statistica che prende in considerazione tutti i maggiori articoli scientifici pubblicati a riguardo di un argomento – apparsa sull’ultimo numero del British Journal of Surgery, sui risultati a breve termine dopo intervento laparoscopico al colon dimostra che il dolore postoperatorio e la lunghezza del ricovero sono minori dopo intervento laparoscopico. Per questi motivi posso rispondere che dopo un intervento laparoscopico il dolore postoperatorio è minore e la lunghezza del ricovero in ospedale è inferiore rispetto all’intervento tradizionale”.
Si hanno anche altri vantaggi?
“Sì. Innanzitutto si riprendono più velocemente le normali funzioni intestinali. Quasi tutti gli studi che hanno analizzato la ripresa del transito intestinale dopo resezione laparoscopica hanno dimostrato una ripresa più precoce.
In secondo luogo, si hanno meno problemi a respirare. A questo proposito tre studi hanno dimostrato chiaramente che la laparoscopia influisce meno sulla funzionalità polmonare in termini di variazione della capacità vitale e del volume espiratorio. Le grandi serie prospettiche hanno dimostrato chiaramente che la chirurgia laparoscopica è seguita da meno complicanze bronco – polmonari.
Anche i problemi di cicatrice sono minori. Nelle grandi serie prospettiche laparoscopiche il tasso di ascessi di parete è stato valutato tra il 3,4 ed il 6,4%, leggermente inferiore a quello riportato per gli interventi laparotomici. Infine, l’assenza di una grande incisione laparotomica contribuisce a ridurre anche l’insorgenza del laparocele, ossia l’ernia sulla ferita chirurgica”.
Quindi ci si sente meglio?
“Può essere. L’unico studio pubblicato che ha esaminato la qualità della vita (dell’Istituto Nazionale di Sanità) ha dimostrato che la qualità della vita è migliore dopo laparoscopia solo a due settimane dall’intervento. Prima e dopo questo periodo la qualità della vita è stata giudicata più o meno uguale con le due metodiche. Per quanto concerne la depressione immunitaria, sei studi randomizzati hanno dimostrato una minore immunodepressione dopo chirurgia laparoscopica. Tre di questi studi non hanno confermato lo stesso risultato per quanto riguarda l’immunità cellulare”.
L’intervento laparoscopico dura più a lungo? Ed esiste il rischio che si trasformi in un intervento tradizionale?
“La laparoscopia è ancora un po’ più lunga – quasi un’ora – della laparotomia. Il rischio di conversione dell’intervento in laparotomia, in sede operatoria, è legato a diversi fattori ma si sta progressivamente riducendo dal 20% dei primi studi al 10% di quelli più recenti”.
E’ vero che con questa metodica esiste un rischio di diffusione del tumore sulle cicatrici?
“Questo è un problema di cui si è molto discusso negli anni 90. Oggi, l’incidenza di quella complicanza è valutata intorno all’uno per cento, lo stesso valore della chirurgia laparotomica. Inoltre, posso aggiungere che da due studi randomizzati pubblicati quest’anno – uno cinese su Lancet ed uno americano sul New England Journal of Medicine – emerge che la chirurgia laparoscopica nel trattamento dei tumori del colon offre le stesse chances di sopravvivenza e di controllo della malattia se confrontata con la chirurgia tradizionale”.
Si hanno più chances con un intervento in laparoscopia? In parole povere, si vive di più?
“In termini di sopravvivenza a lungo termine, non possiamo ancora sostenere che la laparoscopia sia migliore della chirurgia tradizionale dal punto di vista oncologico. Posso però dire che la laparoscopia non è più rischiosa, come si pensava negli anni 90, sul piano oncologico della chirurgia aperta”.
Quanto conta la bravura del chirurgo in questo tipo di intervento?
“Moltissimo, come peraltro in tutta la chirurgia colorettale. Un’inchiesta internazionale del 2001 ha dimostrato chiaramente che le complicanze chirurgiche ed il rischio di impianti tumorali sulla parete aumentano nelle mani di chirurghi meno esperti. E che la qualità oncologica della resezione colorettale dipende dall’esperienza del chirurgo.
Per concludere, un consiglio?
“Personalmente credo che i pazienti debbano essere al corrente di quanto la chirurgia laparoscopica colorettale sia oggi una modalità efficace di trattamento dei tumori colorettali in mani chirurgiche esperte. E’ utile anche ricordare che la cura di queste neoplasie si raggiunge sempre di più con l’integrazione degli altri trattamenti, primi fra tutti quello chemio e radio-terapico sia pre che post-operatorio”
A cura della Redazione
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