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Meno “veleno” in anestesia

E’ finita l’epoca del curaro per forza e dell’uso prevalente di gas inalatori: la nuova generazione di anestesisti punta sulla personalizzazione dell’anestesia, basata sulle esigenze del paziente e del chirurgo e che utilizzi pochi farmaci, i meno tossici e i più adatti alla situazione specifica. Un’anestesia così “misurata” e personalizzata è fondamentale soprattutto nella chirurgia in Day Hospital, che prevede un ritorno a casa rapido e senza dolore del paziente. Ne abbiamo parlato con la dott.ssa Roberta Monzani, responsabile del Day Hospital Chirurgico dell’Istituto Clinco Humanitas.

Perché in Day Surgery l’anestesia va vista in un’altra ottica rispetto alla chirurgia ordinaria?
“Perché il paziente operato deve tornare a casa entro sera o la mattina dopo. Questo significa che l’anestesista deve provvedere al tempo stesso: ad “addormentarlo” a sufficienza per le esigenze chirurgiche; ad usare sostanze facili da smaltire e in dose minima, per una ripresa post operatoria rapida; a tenere a bada il dolore con una terapia che si possa prolungare autonomamente a casa senza difficoltà”.

Come può essere perseguito tutto ciò?
“Le vie per un’anestesia ‘perfetta’ sono tre: il monitoraggio anestesiologico, la tecnica anestesiologica, la scelta dei farmaci”.

Cominciamo con il monitoraggio…
“Monitorare il piano anestesiologico significa, in caso di anestesia generale, tenere sotto controllo la profondità dell’anestesia. Per esempio impiegare un apparecchio tecnologicamente avanzato che aiuti l’anestesista in sala a capire quanto il paziente sta dormendo, in modo da ottimizzare la dose di anestesia per garantire un pronto risveglio alla fine dell’intervento senza nulla togliere alla sicurezza del chirurgo. In sostanza, il paziente viene tenuto sempre sulla soglia ottimale di anestesia, con la riduzione dell’uso eventuale del curaro o, comunque, di anestetici ‘pesanti’, utilizzati solo nel momento centrale dell’intervento”.

E per tecnica anestesiologica, che cosa s’intende?
“La scelta, volta per volta, paziente per paziente e intervento per intervento, del tipo di anestesia più adatta. Per esempio, non è vero che se il paziente è ansioso devo scegliere l’anestesia generale. Posso usare farmaci ansiolitici che hanno meno controindicazioni. Oppure, in un’operazione in artroscopia alla spalla, se il paziente deve andare a casa subito è importante la gestione del dolore post-operatorio, perciò scelgo un’anestesia locoregionale con antidolorifico a effetto prolungato – anche otto ore dopo l’intervento – e che prosegua con una terapia a orari fissi, non ‘à demand’, per evitare di avere intervalli scoperti con picchi di dolore indomabili”.

Scelta dei farmaci: che cosa è cambiato in generale nel panorama anestesia?
“Si è ridotto l’uso del curaro e si è ottimizzato quello dei gas inalatori, inquinanti sia per il paziente che per l’ambiente delle sale operatorie. Oltretutto non è vero che per ‘intubare’ è indispensabile ottenere il miorilassamento del paziente con il curaro. Basta un’induzione endovenosa con induttore e analgesico.
In generale, oggi i farmaci sono tutti migliorati, anche i gas, che si eliminano più facilmente e hanno meno rischi di broncospasmo ed epatotossicità. Se ne usano comunque pochi, 2 o 3 tipi, e potendo si predilige l’uso di sostanze endovena, eccezion fatta per i bambini più piccoli per i quali la sperimentazione in genere è più difficoltosa. I costi aggiuntivi di queste scelte sono un investimento perché consentono un risparmio assistenziale”.

E in Day Surgery in particolare?
“Trattandosi di interventi di chirurgia ‘minore’, quando possibile si sceglie l’anestesia locale facendola durare più o meno a lungo a seconda del tipo di operazione e delle esigenze del paziente. Per esempio, nel caso di un’operazione al ginocchio in artroscopia – che al contrario della precedente operazione alla spalla ha un’invasività chirurgica minore, ma richiede che il paziente si alzi in piedi due volte per poter essere mandato a casa – devo fare un’anestesia breve e gestire il dolore post-operatorio con antidolorifico per bocca. Nel caso di anestesia generale si cerca di somministrarla tutta per via endovenosa: i farmaci sono facilmente eliminabili, senza strascichi al risveglio.
Bisogna tenere presente che in Day Surgery la chirurgia è di bassa/media invasività, ma le aspettative perfette: per un’operazione di aneurisma all’aorta addominale in chirurgia maggiore, il rischio è implicito; per il calciatore ventenne che si fa operare il ginocchio in atroscopia in Dday Hospital, l’aspettativa è di uscire dall’ospedale in fretta e più sano di prima!”.

Ma come è possibile perseguire la perfezione se la medicina non è una scienza perfetta?
“Ci si deve sempre provare. In questo caso diventa importante il metodo organizzativo clinico basato su protocolli, che riduca al minimo le variabili soggettive così che, di fronte a qualsiasi inconveniente, sia più facile risalire alle cause”.

Che cosa può dare la Day Surgery alla chirurgia in generale?
“La chirurgia in giornata è la chirurgia del domani, a misura delle esigenze del paziente: quello che deve andare a casa al più presto o quello (anziano solo) che preferibilmente va assistito almeno una notte, ma poi dimesso con terapia facilmente autosomministrabile. In ogni caso, tutti stanno meglio a casa propria. E la Day Surgery, alla lunga, abbatterà i costi sociali di una grossa fetta di interventi chirurgici e degenze, migliorandone al tempo stesso la qualità. A cominciare anche dall’anestesia”.

Di Francesca Blasi

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