La notizia è stata ripresa dai più importanti giornali del mondo, tra cui il “New York Times”. Nel caso di tumore della mammella, l’asportazione dei linfonodi malati dell’ascella non deve più essere lo standard di cura per tutte le pazienti. Si tratta di un implicito riconoscimento alla via italiana della cura, che dai tempi dell’intuizione del prof. Veronesi in poi ha sempre privilegiato un approccio poco invasivo e rispettoso dell’integrità della donna.
Il New York Times accende i riflettori su una nuova possibilità chirurgica conservativa per le donne: l’asportazione dei linfonodi dell’ascella, anche se colpiti da malattia, non deve più essere lo standard per tutte le pazienti. E sottolinea come gli “italian doctors” siano sempre stati all’avanguardia in questo settore e attenti all’integrità delle donne. A partire dalle ricerche del prof. Umberto Veronesi, grazie a cui il dogma della mastectomia (asportazione totale della mammella) al fine di salvare la vita della paziente è caduto, superato dalla quadrantectomia (asportazione di un solo quadrante della mammella), che non solo salva la vita, ma ne conserva la qualità proteggendo l’integrità del corpo di una donna. Sempre verso questa direzione, si è poi passati allo studio del linfonodi per salvare anche l’ascella e, così, messa a punto la tecnica del linfonodo sentinella, un linfonodo che dà informazioni sullo stato degli altri. Se è sano, l’ascella è sana. Se è malato, l’ascella è malata. Ora la notizia americana spinge ancora più in là nella direzione della chirurgia conservativa arrivando ad affermare che anche se il linfonodo sentinella è malato, non si devono asportare sempre i linfonodi dell’ascella. Approfondiamo l’argomento con il dottor Corrado Tinterri, Responsabile di Senologia in Humanitas.
Dottor Tinterri, non si devono più asportare i linfonodi ascellari anche se il “sentinella” è malato?
“Diverse ricerche stanno effettivamente evidenziando che l’asportazione dei linfonodi ascellari quando il linfonodo sentinella è malato non aumenta la sopravvivenza, anche se gli standard attualmente consigliano di eseguire la dissezione ascellare. Molto spesso il linfonodo sentinella è l’unico malato nel tumore iniziale, andando a vedere le maggiori casistiche al mondo. Già da anni gli studi clinici che confrontano la sopravvivenza a distanza in gruppi di pazienti con carcinoma mammario sottoposti o meno a dissezione ascellare stanno evidenziano che non c’è un vantaggio. Il controllo locale della malattia è molto importante ma in questo caso, sempre valutando gli studi clinici, pare che le ricadute ascellari non rappresentino un rischio temibile. Certamente quando la malattia si presenta già con adenopatie ascellari sospette il discorso è diverso. Il vantaggio di questo ulteriore passo della chirurgia conservativa, di cui noi italiani rappresentiamo una delle migliori scuole al mondo, permette di preservare l’integrità dell’ascella; oltretutto si potrebbe evitare una operazione non strettamente necessaria, che non raramente lascia esiti permanenti asportando una parte importante del sistema immunitario (i linfonodi). Altri studi, alcuni con 10 anni di follow-up, sono ancora in corso per verificare questa possibilità. Attualmente già nella tipizzazione istopatologcia del tumore primitivo conosciamo la sua aggressività biologica per decidere quali terapie mediche far seguire alla chirurgia. Il futuro, quindi, è proprio capire definitivamente se non sia necessario rimuovere i linfonodi ascellari. Anche Humanitas sarà coinvolta a breve in una ricerca scientifica sull’argomento, entrando a far parte di un progetto senologico multicentrico lombardo, che partirà prossimamente, e affronterà questo problema”.
A cura di Lucrezia Zaccaria
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