La percezione generale che i pazienti che soffrono di malattie infiammatorie croniche intestinali, come malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa, hanno della chirurgia non è particolarmente positiva, e spesso viene considerata erroneamente come ultima opzione dopo il fallimento delle terapie farmacologiche. Ma i progressi in questo settore hanno portato la Chirurgia a diventare un’opzione valida anche per situazioni meno avanzate, al pari delle altre terapie. Per comprendere meglio la percezione che i pazienti hanno della chirurgia colorettale, il dott. Antonino Spinelli, responsabile di Chirurgia del Colon Retto in Humanitas, sta conducendo uno studio in collaborazione con l’European Federation of Crohn’s And Ulcerative Colitis Associations (EFCCA) e con AMICI Onlus.
Esiste una collaborazione tra chirurgia e approccio medico?
Esiste una differenza, a livello percettivo, tra chirurgia per le malattie infiammatorie croniche intestinali e la chirurgia oncologica. Nel primo caso l’operazione è vista quasi come un fallimento dell’approccio terapeutico farmacologico, mentre nel secondo caso il paziente vede nella chirurgia un’ancora di salvezza per risolvere il proprio problema.
La considerazione generica della chirurgia è fondata anche sull’idea tradizionale che questa pratica sia la soluzione da attuare in casi estremi e solo come ultima alternativa alle terapie mediche.
Negli ultimi anni, però, è cresciuta l’interazione e la collaborazione tra specialisti, che sta dando spazio alla strategia multidisciplinare tra gastroenterologi e chirurghi. La collaborazione sta permettendo di diffondere il concetto che, in determinate situazioni, la chirurgia è un’opzione terapeutica pari a quella più strettamente farmacologica, senza essere necessariamente estrema.
Il costante confronto tra chirurgo e gastroenterologo in questo settore facilita la consapevolezza da parte di entrambi gli specialisti dei risultati ottenibili con l’una e l’altra terapia, riuscendo quindi ad utilizzarle nel momento in cui hanno rispettivamente massimo potenziale di riuscita. La chirurgia mini-invasiva e la minimizzazione delle complicanze nei centri specialistici sono state di ulteriore grande aiuto in questo senso.
Perché c’è una cattiva percezione della chirurgia per la cura delle malattie infiammatorie croniche intestinali?
Il rischio è che i pazienti, temendo l’intervento, tendano a posticiparlo il più possibile, con il rischio di affrontarlo in condizioni peggiori. Ciò comporta un maggior rischio di complicanze. I risultati migliori, invece, si ottengono quando le condizioni generali non sono troppo critiche e l’operazione viene eseguita al momento giusto. Bisognerebbe poter scegliere quando essere operati e, se questo non avviene, si finisce per “subire” anche psicologicamente l’intervento invece di affrontarlo con grinta e positività.
Come affrontare il problema?
È necessario fornire ai pazienti informazioni più precise e corrette per metterli in condizione di scegliere al momento giusto l’opzione terapeutica per loro migliore (qualunque essa sia) con tutti gli strumenti migliori e senza preconcetti.
Dopo un’attenta analisi dell’attendibilità scientifica delle informazioni reperibili su internet nei primi cinquanta siti forniti dai motori di ricerca (che ha portato a due pubblicazioni scientifiche con l’Università di Oxford) il dott. Spinelli ha sviluppato, con il supporto del dott. Francesco Pagnini, docente di Psicologia clinica presso l’Università Cattolica di Milano e reduce da una Post Doctoral Fellowship presso l’Università di Harvard, un sondaggio per determinare quali siano le paure e i dubbi principali del paziente con malattie infiammatorie croniche intestinali quando si parla di chirurgia. Tale sondaggio è stato poi realizzato e reso fruibile per i pazienti grazie alla collaborazione con la Federazione Europea delle Associazioni dei pazienti con Crohn e Colite Ulcerosa (European Federation Of Crohn’s And Ulcerative Colitis Associations – EFCCA) e ad AMICI Onlus (la principale associazione italiana di pazienti). La speranza è che i risultati di questo sondaggio aiutino ad individuare i temi che maggiormente sono rilevanti per il paziente, al fine di mettere poi in atto misure che consentano una decisione libera da paure, a volte non corrette, e da preconcetti, avendo in pugno gli strumenti informativi per essere partecipi delle decisioni circa il trattamento della malattia
Il sondaggio, che ha una durata di circa 20 minuti, è disponibile in inglese, italiano, spagnolo, francese e tedesco, mentre sono in corso le traduzioni in altre lingue del Nord Europa.
-
2.3 milioni visite
-
+56.000 pazienti PS
-
+3.000 dipendenti
-
45.000 pazienti ricoverati
-
800 medici