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Attacco di panico: che cos’è e quali sono i sintomi

 

Sempre più frequentemente, e in particolare dopo la pandemia COVID-19, si parla di ansia e panico. Molte persone hanno sperimentato stati prolungati di ansia e anche veri e propri attacchi di panico. Molti ragazzi ne soffrono, a scuola o in altri contesti, tanti lavoratori dopo mesi di smart working devono tornare in affollati e claustrofobici open space che tanto posso far bene all’umore di molti, ma altrettanto possono terrorizzare altri soggetti.

Ma che cos’è un attacco di panico e come si manifesta? Ne abbiamo parlato con la dottoressa Paola Mosini, psicologa e psicoterapeuta di Humanitas PsicoCare.

Cos’è un attacco di panico?

Un attacco di panico è l’improvvisa comparsa di un periodo distinto e breve di intenso disagio, di ansia, o di paura accompagnati da sintomi somatici e/o cognitivi. Il disturbo di panico consiste nella comparsa di ripetuti attacchi di panico tipicamente accompagnati dalla paura di un attacco futuro (paura della paura) o da comportamenti atti a evitare situazioni che possono predisporre agli attacchi. 

Molte persone sperimentano un attacco di panico una o due volte nella vita. Solo una parte di loro svilupperà però un vero e proprio disturbo di panico, pari a una percentuale del 2-4% della popolazione generale.

Il disturbo di panico è definito da almeno un mese di paura persistente riguardo al ripetersi degli attacchi (o dei loro effetti), che caratterizza la cosiddetta marcia del panico.

Disturbo di panico: quali sono i sintomi?

Durante un attacco di panico possono presentarsi sintomi sia fisici sia mentali. Gli attacchi di panico causano un’intensa paura dall’esordio improvviso, spesso senza alcun preavviso. Un attacco dura tipicamente dai 5 ai 20 minuti, ma in alcuni casi più estremi i sintomi possono durare per più di un’ora per via della relazione emotiva che amplifica il sintomo.

L’esperienza di un attacco di panico è diversa per tutti e i sintomi possono variare. Tra i più comuni troviamo:

  • Sentirsi spaventati e nervosi
  • Dolore al petto
  • Fame d’aria
  • Battito cardiaco accelerato
  • Mal di testa
  • Mal di stomaco
  • Vertigini
  • Sudorazione o brividi
  • Paura di morire, perdere il controllo o impazzire, senso di stordimento
  • Senso di irrealtà e di stranezza nella percezione del proprio corpo
  • Senso di irrealtà verso le cose circostanti
  • Senso di confusione.

Uno dei sintomi più angoscianti è spesso la percezione della mancanza d’aria che comporta in molti casi la tendenza a cercare di respirare ancora più profonda­mente o velocemente, il che però peggiora i sintomi.

Se l’iperventilazione dura a lungo, è probabile che si manifestino anche questi sintomi:

  • Vertigini
  • Nausea
  • Sensazione di fatica a respirare
  • Sensazione di costrizione, di peso o di dolore al torace
  • Paralisi muscolari
  • Aumento dell’apprensione e del senso di allarme, fino al terrore che qualcosa di terribile stia per accadere, per esempio un attacco di cuore, un’emorragia cerebrale o persino la morte.

Come si cura il disturbo di panico?

Anche se i sintomi del disturbo di panico possono essere travolgenti e spaventosi, un adeguato trattamento può aiutare i pazienti gestirli. Occorre pertanto rivolgersi a un professionista esperto in questo tipo di problematica.

Le terapie includono:

  • Terapia cognitivo comportamentale (CBT) – Questa terapia aiuta il paziente a cambiare i propri pensieri e le proprie azioni così da poter imparare tecniche efficaci per la gestione del panico, e anche di altre emozioni che possono influenzarne la comparsa. L’ansia può essere molto subdola, più la si teme e ce se ne vuole liberare e più probabilmente si manifesterà. Imparare a conoscerla, non temerla, e sapere come gestirla è fondamentale nel percorso di cura, la cui durata, in base alla gravità, può durare dai quattro ai 12 mesi circa.
  • Farmaci: esistono terapie farmacologiche che possono aiutare significativamente le persone con attacchi di panico. Il medico valuterà quali sono i farmaci migliori per ciascun paziente spiegandone il funzionamento così da scacciare eventuali pregiudizi sui tanto temuti “psicofarmaci”. In genere le terapie farmacologiche con serotoninergici vengono mantenute per circa un anno, poi il curante decide come procedere per arrivare alla sospensione.
  • L’approccio combinato, ossia terapia farmacologica e psicoterapia cognitivo comportamentale, è quello che la letteratura scientifica ci suggerisce essere il più efficace, ma è fondamentale effettuare un’accurata valutazione iniziale e quindi decidere l’intervento più idoneo al singolo individuo.

Se è decisamente indiscussa l’efficacia di questi trattamenti a breve e medio termine, è anche vero che alcuni pazienti tendono a recidivare o per fattori predisponenti, genetici e caratteriali (temperamento ansioso) o come conseguenza a eventi stressanti e avversi (lutti); è pertanto fondamentale cercare, in una seconda fase della terapia, lavorare con il proprio terapeuta per evitare ove possibile, ricadute e recidive.

Per rincuorare da questa ultima notizia, che spesso spaventa i pazienti già dall’inizio del loro percorso, è doveroso segnalare che eventuali ricadute, possono essere più rapidamente identificate e precocemente trattate, proprio in virtù del lavoro precedentemente svolto. 

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