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Agobiopsia al seno, che cos’è e a cosa serve

Uno degli esami più importanti per constatare la natura di eventuali formazioni anomale del seno è l’agobiopsia mammaria.

Cos’è questo esame e quando è necessario eseguirlo?

Ne parliamo con il dottor Andrea Sagona, chirurgo senologo presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas e presso gli ambulatori Humanitas Medical Care.

Cos’è e quando eseguire un’agobiopsia mammaria?

L’agobiopsia della mammella è una procedura di prelievo di tessuto utilizzata per la diagnosi delle patologie del seno. Attraverso l’utilizzo di un ago cavo di diametro variabile, più spesso rispetto alle normali siringhe, vengono prelevati campioni di tessuto da un nodulo sospetto. Questi campioni vengono successivamente sottoposti a un esame istologico al fine di determinare la presenza di eventuali patologie mammarie.

L’agobiopsia della mammella viene impiegata per verificare la natura di formazioni anomale nel seno che possono essere indicative di neoplasie o altre condizioni che richiedono una valutazione accurata. Queste formazioni possono essere individuate tramite precedenti mammografie (VABB) o ecografie (VABB o TRU CUT).

Nel caso in cui una lesione presenti caratteristiche ecografiche indicative di benignità, ma sia stata rilevata di recente o abbia dimensioni considerevoli, la decisione di eseguire un’agobiopsia può comunque essere presa, tenendo conto dell’età e della storia familiare della paziente. Questo permette al senologo di facilitare la valutazione del percorso terapeutico successivo o del follow-up necessario.

Agobiopsia e agoaspirato: quali differenze?

La principale differenza tra l’agobiopsia e l’agoaspirato riguarda il tipo di ago utilizzato e il materiale prelevato. Nell’agobiopsia, viene utilizzato un ago più grande per prelevare piccoli frammenti di tessuto per l’esame istologico, mentre nell’agoaspirato vengono utilizzati aghi più sottili per prelevare cellule e liquidi per l’esame citologico.

Le due tecniche presentano tassi di falsi negativi, ovvero la possibilità di non caratterizzare adeguatamente la lesione, che sono diversi (minori per l’agobiopsia, poiché il materiale inviato per l’esame è costituito da frammenti di tessuto e non solo da poche cellule come nell’agoaspirato).

Un altro vantaggio dell’agobiopsia è che può essere eseguita con anestesia locale, rendendola più tollerabile. Inoltre, l’agobiopsia consente di ottenere informazioni biologiche importanti in caso di lesioni neoplastiche, che possono essere utili per decidere se avviare una terapia preoperatoria per ridurre le dimensioni del tumore.

Agobiopsia al seno: ci sono complicazioni?

La complicazione più comune dell’agobiopsia è la formazione di un ematoma nella zona del prelievo, specialmente nei pazienti che assumono terapie antiaggreganti (come l’aspirina) o anticoagulanti (come i dicumarolici, ecc.). Nel caso di terapia antiaggregante, se possibile, è consigliabile sospendere il trattamento almeno 5 giorni prima della procedura.

Dopo l’agobiopsia, è importante applicare una pressione adeguata nella zona del prelievo per favorire la coagulazione del sangue e ridurre il rischio di ematoma.

Altre complicanze, molto meno comuni e soprattutto se l’esame viene eseguito da operatori esperti, includono la possibilità di pneumotorace o lesioni vascolari, a seconda della sede del prelievo.

Come si svolge l’agobiopsia mammaria?

Per l’esecuzione dell’esame, la paziente viene posizionata in posizione supina sul lettino. Dopo aver disinfettato la pelle, viene somministrata l’anestesia locale e successivamente viene effettuata una piccola incisione cutanea di 2 mm. 

Il radiologo quindi introduce l’ago e, utilizzando l’ecografia per una visione diretta, esegue il prelievo di solito 3 o 4 frammenti di tessuto.

Al termine della procedura, vengono applicati dei piccoli cerotti per favorire la guarigione della pelle e viene fornito del ghiaccio secco da posizionare sulla zona biopsiata per ridurre il dolore e il rischio di formazione di un ematoma.

Specialista in Senologia, Ginecologia e Ostetricia

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