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Anche se la maggior parte della storia della medicina della riproduzione è stata scritta nel XXI secolo, quello dell’infertilità è un problema cui la scienza cerca di porre rimedio da molto più tempo. I primi tentativi di procreazione medicalmente assistita risalgono al XIX secolo e hanno vissuto una vera e propria esplosione durante la Seconda Guerra Mondiale, quando i soldati statunitensi, dal fronte, inviavano il proprio sperma alle mogli perché potessero dar loro, seppur lontani, dei figli. Nonostante difficoltà e critiche, la scienza ha continuato a progredire sino a portare, il 25 luglio 1978, alla nascita di Louise Brown, la prima bambina al mondo concepita con la tecnica della fecondazione in vitro.
Per molti anni sino al 2004 in Italia, in assenza di una Legge che definisse l’accesso alle tecniche di Riproduzione Assistita, la materia era disciplinata dalle norme previste dal Codice Deontologico dell’Ordine dei Medici, che sanciva alcuni divieti assoluti come la clonazione, la maternità surrogata, la gravidanza oltre i 51 anni della donna. Alcune pratiche erano invece sancite da norme Ministeriali. Nel marzo 2004, viene approvata la Legge 40, che regola l’accesso e le procedure di PMA.

La Legge 40 consente l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie eterosessuali, sposate o conviventi, cui siano stati diagnosticati problemi di sterilità o di infertilità non risolvibili con altre terapie o cure. Entrambi i componenti della coppia devono essere maggiorenni ed in età fertile. Non sono consentite né la fecondazione eterologa, né la clonazione, la manipolazione del patrimonio genetico degli embrioni o la sperimentazione sugli embrioni stessi, fatta eccezione, in assenza di metodologie alternative, per la ricerca e la sperimentazione finalizzate alla tutela della salute e dello sviluppo dell’embrione. La Legge non consentiva la crioconservazione degli embrioni e obbligava al trasferimento consensuale di un massimo di 3 embrioni.
La Corte Costituzionale nel maggio 2009, abolendo l’articolo 14 della legge 40, ha autorizzato la crioconservazione embrionaria per consentire alla coppia di ottenere le migliori probabilità di successo e ridurre il rischio correlato alle gravidanze multiple, ribadendo “l’autonomia e la responsabilità del medico” nello stabilire quanti embrioni trasferire e conferma l’abolizione del divieto di diagnosi preimpianto sull’embrione (malattie genetiche).

Gli effetti della Legge 40 dopo la Sentenza della Corte Istituzionale (15 Maggio 2009)

A livello concreto, Nel Nostro Paese persiste solo il divieto di fecondazione eterologa. Numerosi ricorsi presso Tribunali hanno sostenuto l’incostituzionalità del divieto ed una prima Sentenza della Corte Costituzionale non ha definito ancora una posizione.