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Premiate Sharon Muggeo e Rosita Rigoni, due giovani ricercatrici di Humanitas

La dottoressa Sharon Muggeo e la dottoressa Rosita Rigoni, ricercatrici di Humanitas, hanno vinto rispettivamente il “Premio Internazionale Nunzio e Adriana Pascale” e il “Premio Internazionale Galileo Galilei” riservato a giovani ricercatori.

La dottoressa Sharon Muggeo, laureata in biotecnologie e ricercatrice del laboratorio di Tecnologie Biomediche di Humanitas e del CNR-IRGB sotto la supervisione della dottoressa Francesca Ficara, ha vinto il “Premio Internazionale Nunzio e Adriana Pascale”, conferito dall’Associazione “Premio Internazionale Nunzio Pascale” e sostenuto dal Lions Club di Ottaviano (Napoli), grazie a un articolo scientifico pubblicato su Stem Cell Reports, dedicato alle cellule staminali pluripotenti indotte, frutto del suo dottorato di ricerca, svoltosi in Humanitas con la dottoressa Anna Villa.

La dottoressa Rosita Rigoni, laureata in biotecnologie veterinarie e ricercatrice del laboratorio di Genoma Umano di Humanitas e del CNR-IRGB sotto la supervisione della dottoressa Barbara Cassani e della dottoressa Anna Villa, ha ottenuto il “Premio Internazionale Galileo Galilei” dei Rotary Club Italiani, grazie al suo lavoro di dottorato dedicato alla Sindrome di Omenn, una rara immunodeficienza, e pubblicato sul The Journal of Experimental Medicine.

L’uso di cellule autologhe nell’osteopetrosi

“Lo studio si è concentrato su una malattia genetica rara del sistema scheletrico, l’osteopetrosi, che si caratterizza per uno squilibrio tra gli osteoclasti, cellule che degradano l’osso, e gli osteoblasti, che depongono la matrice ossea. Gli osteoclasti sono malfunzionanti e non sono in grado di svolgere il loro ruolo; le ossa sono così troppo mineralizzate e vanno incontro a fragilità, con rischio di frequenti fratture.

L’unico trattamento attualmente disponibile è il trapianto di midollo osseo, che però comporta diverse problematiche relative alla compatibilità del donatore e al rischio di rigetto.

Una possibile futura alternativa potrebbe essere l’utilizzo di cellule autologhe, derivate direttamente dal paziente, che possono essere riprogrammate, ovvero riportate a cellule staminali (cellule staminali pluripotenti indotte). Nel mio studio ho riprogrammato delle cellule della pelle di un modello sperimentale di malattia per poi correggerle sostituendo il gene difettoso con una sua copia normale. Le cellule sono state spinte verso la linea emopoietica, producendo cellule del sangue e loro progenitori, che sono stati fatti differenziare a osteoclasti, le cellule malfunzionanti nell’osteopetrosi. Le cellule geneticamente corrette sono quindi state in grado di produrre osteoclasti con funzionalità ripristinata”, ha spiegato la dottoressa Muggeo.

Il laboratorio sta proseguendo la ricerca in questo ambito, mentre la dottoressa Muggeo si sta occupando delle malattie mieloproliferative, responsabili di un disequilibrio delle componenti cellulari del sangue. Obiettivo del lavoro è scoprire quali geni siano implicati nella patogenesi e identificare così nuovi bersagli terapeutici.

 

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Il ruolo del microbiota intestinale nella Sindrome di Omenn

“La sindrome di Omenn è una rara immunodeficienza, associata a manifestazioni autoimmuni a carico della pelle, con arrossamento, desquamazione e alopecia, e dell’intestino, con sintomi quali colite e diarrea cronica. In questa patologia gioca un ruolo importante il microbiota intestinale, ovvero l’insieme dei microrganismi batterici che naturalmente vivono nel tratto digerente, conosciuti anche come flora intestinale.

“Nel nostro lavoro, abbiamo dimostrato il ruolo fondamentale della flora intestinale nello sviluppo delle manifestazioni autoimmuni associate alla Sindrome di Omenn. Infatti, una riduzione della stimolazione batterica a livello intestinale apporta notevoli effetti benefici, riducendo i processi infiammatori cronici tipici della patologia”, spiega la dottoressa Rigoni.

“A oggi, la sindrome di Omenn risulta letale se non si interviene con il trapianto di midollo osseo. Nei pazienti sottoposti a trapianto, la manipolazione del microbiota può rappresentare una valida opzione di trattamento terapeutico per ridurre l’attivazione del sistema immunitario e l’infiammazione cronica. Infatti, fenomeni acuti di rigetto sono frequenti in questi pazienti e la modificazione del microbiota endogeno con l’introduzione di batteri benefici (probiotici) può rappresentare un importante aiuto per ridurre l’insorgenza di specie batteriche patogene e promuovere il benessere intestinale e dell’intero organismo.

“La mia ricerca si concentra ora sulle manifestazioni autoimmuni della pelle, con l’obiettivo di comprendere il legame tra l’infiammazione intestinale e la patologia cutanea. Questa ricerca potrebbe rivelarsi importante non solo per i pazienti con sindrome di Omenn, ma anche nel caso delle malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD), che spesso si accompagnano a manifestazioni cutanee, come le dermatiti e gli eczemi”, ha aggiunto la dottoressa Rigoni.

 

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I giovani: il futuro della ricerca

Due riconoscimenti importanti, che premiano un intero percorso fatto di passione e di sacrifici. Un segno di come i giovani siano importanti nel mondo della ricerca e di come il loro lavoro vada sostenuto e accompagnato.

“È stato emozionante ricevere questo premio conferito dalle autorità civili e da rappresentanti della comunità scientifica. I ricercatori affermati sono un esempio per noi giovani, che possiamo guardare a loro per imparare il metodo più corretto per fare della buona ricerca, in modo che tutta la società possa beneficiarne. Con la nostra passione e perseveranza e con l’aiuto di tutti possiamo dare una spinta nuova al progresso della ricerca”, ha sottolineato la dottoressa Muggeo.

“Essere stata premiata con questo riconoscimento prestigioso rappresenta un traguardo importante per la mia giovane carriera scientifica e un ulteriore stimolo per il proseguimento del mio percorso. Mi auguro che questo premio sia per me, come per tutti i giovani ricercatori italiani, il primo di una lunga serie di traguardi che possano essere raggiunti dalla nuova generazione scientifica di questo Paese”, queste invece le parole della dottoressa Rigoni.

 

 

 

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