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Farmaci contro l’ipertensione e COVID-19: uno studio Humanitas

È a firma Humanitas lo studio, pubblicato sull’International Journal of Cardiology, sul ruolo dei farmaci contro l’ipertensione e delle comorbidità cardiovascolari nella prognosi dei pazienti ricoverati per COVID-19

Lo studio, retrospettivo e coordinato dal dottor Antonio Desai e dal dottor Antonio Voza, Responsabile di Unità Operativa Medicina d’urgenza, ha riguardato l’analisi dei dati di 575 pazienti ricoverati tra il 21 febbraio e il 14 aprile 2020 nel Dipartimento di Emergenza di Humanitas con infezione accertata da SARS-CoV-2.

I risultati dello studio

L’osservazione ha rilevato che, sui pazienti coinvolti, il trattamento con farmaci della classe ACE-inibitori, ovvero quei farmaci che vengono utilizzati nelle terapie per l’ipertensione arteriosa e l’insufficienza cardiaca, era associato a una riduzione della mortalità in ospedale, stimata al 20,9%. Così come l’utilizzo precoce di eparina a basso peso molecolare (LMWH). 

Per contro, è stato riscontrato un effetto inverso con l’utilizzo continuativo dei farmaci antagonisti del recettore dell’angiotensina 2 (ARBS), un ormone coinvolto nel processo di vasocostrizione, impiegati anch’essi abitualmente per trattare ipertensione e insufficienza cardiaca.

Da notare che, nel quadro della patologia, l’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2) viene sfruttato dal virus di Sars-Cov-2 che, come tutti i coronavirus, lo utilizza per entrare nell’organismo ospite.

Anche l’età e le comorbidità di natura cardiovascolare si riconfermano un importante fattore di rischio per la mortalità da Covid-19. 

L’esito di questo studio ci porta a sottolineare una volta di più come nella Ricerca medica sia fondamentale la collaborazione tra specialisti e data scientist.
Crediamo che alla base della buona pratica clinica ci sia la multidisciplinarietà. Condividere informazioni aiuta a ridurre i tempi di diagnosi e di gestione del paziente, garantendo i più alti standard di cura. La clinica, la scienza e la tecnologia, ogni giorno, devono perseguire sempre più un obiettivo comune: la cura del paziente. Sono contento di poter apprezzare come questa mentalità si stia radicando nel nostro Istituto”, ha dichiarato il dottor Voza.

“In Humanitas oggi abbiamo la fortuna di legare insieme il tema tipicamente medico della qualità delle cure e quello più ingegneristico della cultura del dato. In questo modo l’Intelligenza Artificiale diventa un asset anche per i medici più esperti perché consente loro di dedurre informazioni da migliaia di dati in tempi molto rapidi. Infatti trovandoci nel contesto in cui le patologie diventano sempre più complesse e articolate, la data science permette di incrociare i dati clinici più rapidamente, trovare correlazioni e aumentare l’accuratezza delle diagnosi fornendo un supporto efficace ai medici nel decision making quotidiano e sul lungo periodo in termini di prevenzione e Ricerca”, ha concluso Victor Savevski, Chief Innovation Officer di Humanitas.

Specialista in Malattie dell'Apparato Respiratorio
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