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Malattie infiammatorie croniche intestinali, biosimilari ed effetto nocebo: gli specialisti di Humanitas contribuiscono alla stesura di raccomandazioni cliniche

I farmaci biologici hanno migliorato ampiamente la gestione delle malattie infiammatorie e la disponibilità da qualche anno di farmaci biosimilari ne ha ridotto i costi. Questi però, a volte, sono percepiti come farmaci inferiori con conseguente diminuzione della sensazione di efficacia da parte del paziente. Per questo motivo sono state pubblicate su Alimentary Pharmacology and Therapeutics alcune raccomandazioni cliniche in merito alla prevenzione e alla gestione dell’effetto nocebo nei pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD) trattati con farmaci biosimilari.

La pubblicazione è frutto di un lavoro di gruppo, ospitato in Humanitas lo scorso luglio, che ha visto la partecipazione di 19 diversi specialisti provenienti da 5 Paesi europei. Il gruppo multidisciplinare, chiamato “NOCE-BIO Consensus Group”, ha condotto una revisione della letteratura scientifica sull’effetto nocebo, con particolare attenzione alle informazioni sulla sua prevenzione e sulla gestione nei pazienti con IBD trattati con biosimilari. Obiettivo del lavoro era infatti stilare raccomandazioni condivise (consensuali) basate sull’evidenza scientifica.

Al Consensus Group hanno preso parte anche alcuni specialisti di Humanitas, gli specialisti di Gastroenterologia di Humanitas, il professor Carlo Selmi, Responsabile di Reumatologia e Immunologia Clinica, il professor Antonio Costanzo, Responsabile di Dermatologia e il professor Carmelo Carlo-Stella, Responsabile della Sezione Linfomi, Mieloma e Terapie Sperimentali.

Che cos’è l’effetto nocebo?

L’effetto nocebo è l’effetto negativo di un trattamento medico (farmacologico o meno) ed è indotto dalle aspettative dei pazienti e dunque non è correlato all’azione fisiologica del trattamento. L’effetto nocebo può però influenzare negativamente i risultati del trattamento stesso.

L’effetto nocebo è riconosciuto come un problema clinico correlato all’utilizzo dei biosimilari. Dati relativi al passaggio dal farmaco originatore al biosimilare in pazienti con malattie immunomediate, come le IBD, mostrano un impatto non trascurabile dell’effetto nocebo dopo il passaggio dal farmaco originatore al biosimilare.

Il lavoro del Consensus Group e i risultati

A seguito della revisione della letteratura, sono state formulate alcune dichiarazioni preliminari, sottoposte poi a votazione nel corso dell’incontro in Humanitas. Per essere accettata ogni dichiarazione deve essere votata con un punteggio di 4 (d’accordo) o 5 (molto d’accordo), in una scala da 1 a 5 – da almeno il 75% dei partecipanti.

Alla fine della votazione, il consenso è stato raggiunto per undici dichiarazioni, suddivise in tre gruppi: dichiarazioni generali, prevenzione e gestione dell’effetto nocebo, scenari futuri.

L’effetto nocebo risulta sicuramente sottostimato ed è fortemente influenzato da fattori relativi al paziente e meccanismi psicologici. Nel valutare gli effetti collaterali del trattamento, si deve quindi usare cautela, perché alcuni potrebbero essere legati all’effetto nocebo e tutti gli operatori sanitari che gestiscono a vari livelli i farmaci biosimilari dovrebbero esserne consapevoli, per poter adottare strategie di minimizzazione.

La relazione tra paziente e operatori sanitari è stata riconosciuta come elemento fondamentale per l’accettazione dei biosimilari. Allo stesso tempo un’insufficiente conoscenza dei biosimilari da parte degli operatori sanitari e dei pazienti è chiaramente collegata a un aumento dell’effetto nocebo.

La necessità di ricerche mirate a definire da un lato l’entità del problema, dall’altro l’esistenza di eventuali fattori di rischio, così come a misurare l’impatto che l’effetto nocebo ha sulla risposta alla terapia con biosimilari è ampiamente condivisa dal consensus group.

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