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Le sfide della medicina e dell’informazione scientifica, il prof. Mantovani a Geo & Geo

La recente morte di due giovani che hanno rifiutato la medicina tradizionale per affidarsi a cure alternative deve farci riflettere sui progressi raggiunti dalla scienza medica nella cura dei tumori e, soprattutto, sulla pericolosità dei metodi pseudo-scientifici.

Ne ha parlato il professor Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e docente di Humanitas University, ospite della trasmissione televisiva Geo & Geo su Rai 3.

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Professore, una persona come lei che ha dedicato tutta la sua vita alla lotta contro il cancro, che cosa ha provato quando ha saputo della scelta di queste due giovani donne?

“Il mio è un sentimento di sgomento e di dolore. Pensare che una ragazza affetta da leucemia linfatica acuta, che ha il 90% di probabilità di guarire, non si cura come potrebbe affidandosi a cure alternative, è motivo di grande dolore e angoscia”, ha commentato il prof. Mantovani. “Mi chiedo dove abbiamo sbagliato. Penso che abbiamo bisogno di più informazione e formazione scientifica per far capire alle persone il valore della scienza”.

 

Purtroppo le persone attratte dalle cure alternative sono in aumento, basti pensare alla “demonizzazione” dei vaccini. Perché secondo lei?

“Penso che ci sia un difetto di informazione e di formazione. Occorre fare di più per formare i nostri medici e per diffondere un’informazione corretta sulle armi con cui affrontiamo questi problemi.

Quali sono gli strumenti che abbiamo oggi per sconfiggere il cancro?

“Ci sono le armi tradizionali che tutti conoscono, ossia la chirurgia, la radioterapia e la chemioterapia, che hanno fatto grandi progressi. La chirurgia è diventata meno invasiva, la radioterapia è più precisa rispetto al passato e siamo in grado di controllare meglio gli effetti collaterali della chemioterapia. Infine abbiamo armi nuove, come le terapie mirate e l’immunoterapia”.

 

Perché la chemioterapia fa tanto paura?

Perché a essa si associano i noti effetti collaterali, ossia la perdita di capelli e la diminuzione dei globuli bianchi. Occorre, invece, avere un atteggiamento critico: per qualsiasi intervento medico dobbiamo bilanciare il prezzo che paghiamo in tossicità o in rischio con i benefici.

Non va dimenticato che la chemioterapia ha cambiato la vita dei pazienti. Per esempio il 90% dei pazienti con linfoma di Hodgkin è curato grazie a protocolli di chemioterapia messi a punto in Italia. Lo stesso vale per il cancro al testicolo, per le leucemie linfatiche e altre malattie. L’importante è usare la chemioterapia con saggezza e quando è necessaria.

 

Sappiamo che ci sono nuove frontiere come l’immunologia. Lei ha scoperto il gene oncosoppressore che controlla l’infiammazione nell’organismo e impedisce al tumore di svilupparsi.

C’è stato un grande cambiamento di visione: prima il bersaglio delle cure era la cellula tumorale, oggi alcuni di noi si sono convinti che è altrettanto importante il microambiente che circonda la cellula tumorale e, in particolare, le difese immunitarie. Abbiamo scoperto che le nostre difese immunitarie da una parte vengono “addormentate” dal tumore e che alcuni dei nostri “poliziotti” vengono addirittura corrotti, cioè aiutano il cancro. Questo cambiamento di visione ha portato a nuove terapie.

Lei ha raccolto le sue scoperte in un libro, uscito di recente: Non avere paura di sognare. Si tratta di un decalogo per aspiranti scienziati. Qual è la cosa più importante che vorrebbe dire loro?

“Che è necessario sognare nuove mete confrontandosi con la realtà. Ci sono alcune parole chiave trasversali che attraversano questo messaggio rivolto ai giovani interessati alla scienza, ma anche agli altri. Ne scelgo due in particolare. La prima è l’umiltà, che dobbiamo avere nei confronti dei pazienti e della malattia. La seconda è la passione con cui affrontare i problemi della scienza e della medicina”.

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