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Chirurgia molecolare per battere il cheratocono

La combinazione di laser ad eccimeri e cross-linking, l’utilizzo della metodica transepiteliale per una cura sempre più efficace ed indolore. Sono i temi al centro del convegno mondiale sul cheratocono, in programma a Milano il 21 e 22 gennaio.

20 gennaio 2011 10.00 – Un’affezione degenerativa della cornea che ne provoca gradualmente lo sfiancamento, l’e stroflessione e l’assottigliamento all’apice: è il cheratocono, che colpisce all’anno 1 persona ogni 2.000, generalmente fra i 20 e i 30 anni. E’ una malattia con origini genetiche e un’evoluzione soggettiva: nelle fasi iniziali determina un peggioramento della qualità visiva, negli stadi più avanzati opacizzazione e in alcuni casi anche la perforazione della cornea.Fino a poco tempo fa la cura del cheratocono era affidata ad occhiali speciali o lenti a contatto; quindi al trapianto di cornea. Il cheratocono è infatti responsabile del 95% dei trapianti: ma gli importanti progressi ottenuti di recente per la stabilizzazione e la cura di questa malattia, nel giro di una decina d’anni consentiranno di ridurre drasticamente il ricorso alla cheratoplastica perforante.

Proprio le tecniche e cura più innovative e gli strumenti diagnostici più avanzati, saranno i temi al centro del Convegno Mondiale sul cheratocono, in programma a Milano il 21 e 22 gennaio presso l’Hotel Palace, che riunirà i più importanti esperti nazionali ed internazionali. L’appuntamento scientifico – organizzato dal dott. Paolo Vinciguerra, responsabile di Oculistica dell’Istituto Clinico Humanitas, dal dott. Michael Mrochen (Institute for Biomedical Engineering at University and Swiss Federal Institute of Technology, Zurich) e dal prof. Theo Seiler(Dept. of Ophthalmology, University of Zurich, Switzerland) – costituisce un’importante occasione di incontro e confronto in particolare sul cross-linking, metodica basata sul laser ad ultravioletti che permette di curare il cheratocono in modo non invasivo ed indolore. Questa tecnica viene utilizzata ormai da 5 anni nel nostro Paese e da 10 nel mondo, con ottimi risultati: oggi, è riconosciuta come prestazione accreditata da alcuni sistemi sanitari regionali , come la Lombardia. Fra i “pionieri” nell’ introdurre questa metodica in Italia , a livello sperimentale, l’Istituto Clinico Humanitas , che oggi detiene il maggior numero di casi trattati (oltre 1.200 in quasi 5 anni).

“La nuova frontiera dell’oculistica è rappresentata dalla combinazione del laser con altre tecniche, per ottenere risultati eccellenti con le minori complicanze – spiega il dott. Paolo Vinciguerra -. Suddividendo l’approccio correttivo in modo articolato, infatti, si riduce il trauma per l’occhio. Questo vale anche per il cheratocono, dove i risultati migliori si ottengono combinando il laser ad eccimeri al cross-linking. Con il laser, infatti, si rimodella la cornea, e grazie al cross-linking (intervento di fotodinamica corneale) la sua struttura viene rinforzata attraverso l’i ntreccio e l’aumento dei legami tra le fibre del collagene corneale. Si tratta di una chirurgia ‘molecolare’, perché utilizza un fluido e una radiazione per cambiare lo stato delle molecole che tengono insieme gli strati della cornea.

Dagli studi condotti il cross-linking si è dimostrato non solo in grado di rallentare un ulteriore sfiancamento della cornea affetta da cheratocono progressivo, ma addirittura – come evidenziato dai controlli a quasi 5 anni di distanza dall’intervento – capace di migliorare la forma della cornea e la qualità visiva. In un certo numero di casi tale trattamento si è anche dimostrato utile nel ridurre l’astigmatismo”.

Un nuovo fronte, inoltre, è rappresentato dall’utilizzo della metodica transepiteliale che permette di eseguire il cross-linking anche senza rimuovere l’epitelio (lo strato più superficiale della cornea), con notevoli vantaggi per il paziente: decorso post-operatorio più breve e assenza di disturbi quali sensibilità alla luce e variazione degli occhiali. “La rimozione dell’epitelio, infatti – conclude Vinciguerra – lasciando scoperte le terminazioni nervose, è la causa del maggiore fastidio post-operatorio. Non sempre tuttavia è possibile utilizzare la metodica transepiteliale: solo il chirurgo, dopo un’attenta valutazione clinica e sperimentale, può stabilire l’idoneità del paziente”.

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