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Il cross linking contro il cheratocono

Curare il cheratocono: la sperimentazione del cross linking corneale avanza con buone prospettive e ottimi risultati. Ne parliamo con il dott. Pietro Rosetta, specialista di Humanitas, che con il dott. Paolo Vinciguerra, responsabile dell’Unità Operativa di Oculistica dell’Istituto, partecipa al I° gruppo di studio internazionale che, dalla Spagna al Belgio, dalla Francia alla Danimarca, fino ad Israele e all’Arabia Saudita, sperimenta l’unica terapia non invasiva per la cura del cheratocono.

“Il cheratocono – spiega il dott. Rosetta – è una malattia della cornea, una distrofia progressiva non infiammatoria, che colpisce all’anno 50 persone ogni 100.000, sia uomini che donne, generalmente in giovane età, fra i 20 e i 30 anni. Ha origini genetiche e un’evoluzione soggettiva; all’inizio determina un peggioramento della qualità visiva, negli stadi più avanzati opacizzazione e in alcuni casi anche la perforazione della cornea.
Il problema si rende evidente quando la parte centrale della cornea inizia ad assottigliarsi e s’incurva progressivamente verso l’esterno, deformandosi così a forma di cono. La curvatura irregolare che si viene a creare cambia il potere refrattivo della cornea, producendo di conseguenza distorsioni delle immagini ed una visione confusa sia da vicino che da lontano”.

Il cross linkig corneale
Ma in che cosa consiste esattamente il cross linking corneale? E come avviene l’intervento curativo tramite questa tecnica innovativa e non invasiva?
“Da alcuni mesi – prosegue il dott. Rosetta – è in corso presso Humanitas la sperimentazione avanzata (fase II) di questa pratica chirurgica. Si tratta di una metodica che utilizza laser a raggi ultravioletti, è indolore e si effettua in Day-Hospital. Dai primi studi condotti questa tecnica si è dimostrata in grado di ridurre l’astigmatismo, di rallentare e, a volte, anche di arrestare temporaneamente l’evoluzione del cheratocono evitando il trapianto della cornea.
Durante l’intervento viene instillata sulla superficie della cornea una soluzione – a base di destrano e riboflavina (Vitamina B2) – fotosensibile che, illuminata da raggi ultravioletti, genera l’avvicinamento (cross-linking) delle lamelle corneali (gli strati che compongono la superficie della cornea) solo dove necessario, senza danneggiare le cellule circostanti della retina. Gli effetti previsti dal trattamento hanno una durata soggettiva che può arrivare ad alcuni anni. Il trattamento è inoltre ripetibile”.

Prima dell’operazione
Abbiamo visto nel particolare come avviene l’operazione, ma la sperimentazione cosa prevede nella fase di valutazione pre-operatoria?
“Prima dell’intervento – spiega il dott. Rosetta – è necessario provvedere ad una visita approfondita. In seguito, in presenza di requisiti compatibili con i severi criteri di inclusione al protocollo di sperimentazione approvati dal comitato etico della ASL di appartenenza di Humanitas – si constata l’idoneità al trattamento, tappa fondamentale per l’eventuale pianificazione dell’intervento. Tra gli approfondimenti diagnostici pre-operatori di recente introduzione ci sono la microscopia confocale (CONFOSCAN) e il PENTACAM. Tali strumenti permettono di indagare in maniera approfondita le caratteristiche morfologiche ed ultrastrutturali della cornea e, avvalendosi anche del sistema Sheimpflug (PENTACAM), consentono di individuare grado di evoluzione e gravità della patologia corneale o, appunto, del cheratocono”.

Occhiali aberrometrici e lenti colorate per la cataratta
Al di là del cross-linking corneale Humanitas, da sempre all’avanguardia nella cura delle patologie oculari, utilizza altri due strumenti particolarmente innovativi, utili a correggere le deformità corneali e a curare la cataratta.
“Humanitas è il primo centro in Italia – spiega il dott. Paolo Vinciguerra – ad utilizzare gli innovativi occhiali aberrometrici che, diversamente dai normali occhiali, consentono non solo di correggere miopia, presbiopia e astigmatismo, ma compensano anche difetti della cornea fino ad oggi parzialmente correggibili solo con le lenti a contatto: ferite corneali, cicatrici chirurgiche e, di nuovo, il cheratocono nelle sue fasi iniziali.
Per la cataratta, invece, utilizziamo le lenti intraoculari di ultima generazione, del tutto simili al cristallino naturale per colore, morfologia e caratteristiche ottiche. Si tratta di lenti colorate, di un giallo paglierino: a differenza di quelle comuni (trasparenti), proprio come il cristallino hanno la capacità di filtrare i raggi solari ultravioletti che a lungo andare danneggiano la retina. Inoltre come il cristallino hanno forma asferica, ossia più curva nel centro e più piatta ai bordi. Mentre le lenti sferiche utilizzate fino ad oggi consentono una buona visione centrale e in condizioni di molta luce, ma meno in periferia e con poca luce, queste nuove lenti adattandosi alla forma naturale della cornea permettono una visione migliore, in qualsiasi situazione.
E non è tutto. Queste lenti possono infatti essere anche multifocali, ossia in grado di emulare la capacità del cristallino naturale di mettere a fuoco sia da lontano che da vicino, permettendo una buona visione in ogni condizione”.
Ci sarà occasione approfondire i temi delle patologie oculari e di tutte le tecniche di cura disponibili nel corso della 7° edizione del convegno “Refractive on line” diretto dal dott. Vinciguerra, in programma dal 15 al 17 settembre 2006 presso l’Istituto Clinico Humanitas.

Di Cristina Florio

L’immagine mostra la struttura della cornea prima (cornea less) e dopo (cornea more) il trattamento di rinforzo della matrice stromale (CROSS-LINKING.

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