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Osteoporosi: quando le ossa sono delicate come il cristallo

L’osteoporosi è una patologia che colpisce soprattutto le donne: e proprio a loro viene rivolto l’invito di sottoporsi all’esame che controlla la densità delle loro ossa. Ma è in forte aumento anche fra gli uomini che in Italia sono già 1 milione. Secondo l’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, nei prossimi 25 anni si verificheranno 4 milioni di fratture al femore causate dall’osteoporosi. Per saperne di più abbiamo rivolto alcune domande al dott. Gianluca Galimberti, fisiatra e caposezione di Riabilitazione Ortopedica di Humanitas.

Osteoporosi, di che cosa si tratta?
“E’ una patologia dell’osso caratterizzata da una progressiva riduzione della massa ossea e una parallela alterazione della microarchitettura del tessuto osseo. Aumenta la fragilità dello scheletro e di conseguenza il rischio di fratture. Nei primi tre decenni di vita il calcio si accumula nelle ossa, ma già dopo i 30 anni inizia una tendenza di riassorbimento di questo minerale”.

Chi colpisce maggiormente?
“Una donna su tre soffre di osteoporosi. Malattia tipica dell’età avanzata e del periodo post-menopausale, colpisce soprattutto dopo i 60 anni. Con l’avanzare dell’età aumenta il rischio di fratture, per questo motivo la prevenzione assume un ruolo davvero importante. Le ossa più colpite sono le vertebre, mentre le fratture più drammatiche sono quelle della testa del femore”.

Come si diagnostica?
“L’esame che controlla la densità ossea si chiama densitometro ed è in grado di verificare se lo scheletro è solido o se comincia a diventare spugnoso. La diagnosi viene fatta attraverso una serie di esami di laboratorio combinati ad una valutazione mineralometrica. Questa viene effettuata attraverso diverse metodiche (TAC, DEXA, US), ma quella riconosciuta indispensabile per dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) per porre la diagnosi e la mineralometria DEXA.”

Come si può prevenire?
“L’attività fisica ha un ruolo importantissimo nella prevenzione dell’osteoporosi. Ciò è dovuto al fatto che le sollecitazioni meccaniche dei vari esercizi favoriscono un rimodellamento della struttura delle ossa e quindi un aumento del tenore calcico all’interno delle ossa stesse. Inoltre, l’esercizio fisico tiene in allenamento la forza muscolare consentendo alla persona anziana, di solito sedentaria e debole, di avere un buon controllo motorio diminuendo i rischi di cadute e fratture. E’ fondamentale che gli esercizi siano svolti sotto indicazione e controllo medico”.

Si può combattere a tavola?
“Certo, anche attraverso l’alimentazione si può cercare di prevenire questa patologia. Si consiglia di assumere alimenti ricchi di calcio. Un’ottima abitudine è quella di bere almeno due/tre bicchieri di latte al giorno, mangiare formaggi, meglio quelli freschi come la ricotta che contengono meno colesterolo. I più ricchi di calcio sono il grana e il pecorino. Sì anche allo yogurt. Si consigliano inoltre cibi ad alto contenuto di vitamina D come il tuorlo d’uovo, il pesce in particolare quello azzurro, ma anche salmone e anguilla. Fanno bene anche legumi e verdure: via libera a fagioli, ceci, cavoli, carciofi, broccoli, cime di rape. Importante è bere almeno un litro al giorno di acqua minerale.
Bisognerebbe anche cercare di evitare alcune verdure come gli spinaci, le barbabietole, gli integratori a base di crusca, i cibi integrali e gli alcolici. E’ noto che questi alimenti riducono l’assorbimento del calcio. Inoltre vi sono alimenti che aumentano la perdita di calcio, in particolare il sodio, contenuto nel sale da cucina e nei dadi, le proteine e la caffeina. In ogni caso evitare o almeno cercare di ridurre in maniera sensibile l’assunzione di alcolici, caffè e fumo”.

Quali sono le cure più efficaci?
“Il trattamento farmacologico ha dato negli ultimi anni buoni risultati con l’uso dei bisfosfonati che riducono il riassorbimento di osso e migliorano la microarchitettura. Nei primi mesi del 2003 dovrebbe entrare in commercio un nuovo farmaco: il parotormone. Secondo i dati emersi dalla fase sperimentale, il paratormone fa sperare in una svolta positiva nel trattamento di questa malattia”.

A cura di Lucia Giaculli

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