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Prostatectomia robot-assistita e Frozen Section, i progressi dell’Urologia al Convegno EAU

Prostatectomia, l’ausilio del robot da Vinci consente di ottenere risultati funzionali migliori in termini di continenza ed erezione, specie nei pazienti più giovani e quindi più sensibili al mantenimento delle funzioni sessuali. Una maggiore precisione è possibile anche grazie all’analisi intraoperatoria del tessuto istologico, importante per preservare i nervi deputati alle funzioni urinarie e sessuali. Lo dimostrano due recenti studi condotti dal prof. Giorgio Guazzoni, responsabile di Urologia e Andrologia di Humanitas e relatore del Congresso annuale dell’Associazione Europea di Urologia (EAU), tenutosi a Madrid dal 20 al 24 marzo scorso.

 

 

Che cos’è la prostatectomia robotica?

La prostatectomia robotica è un intervento di rimozione della prostata eseguito inserendo nel corpo cannule di soli 5-12 mm di diametro (via laparoscopica). I movimenti del chirurgo sono assistiti dal robot, e guidati dalle riprese di una telecamera che proietta tridimensionalmente immagini ferme e ad altissima risoluzione. I rischi di complicazioni come impotenza e incontinenza urinaria, così come quello di emorragia e dolore post-operatorio, sono significativamente ridotti rispetto all’intervento di prostatectomia radicale a cielo aperto.

 

Quali sono i vantaggi dell’approccio robot-assistito?

L’uso del robot permette di perfezionare i movimenti del chirurgo (riduzione dei tremori, movimenti più precisi), migliorare la visione tramite uno schermo full HD con visione 3D, riducendo così le perdite di sangue durante l’intervento e il rischio di danneggiare i nervi necessari all’erezione. In generale, il robot permette un recupero delle funzioni sessuali e di continenza urinaria più precoce rispetto alla tecnica a cielo aperto. Si registrano risultati apprezzabili nel breve termine post-operatorio (a 3-6 mesi dall’intervento).

 

Quali aspetti ha messo in evidenza lo studio del prof. Guazzoni?

Lo studio del prof. Guazzoni ha analizzato i risultati della prostatectomia radicale robotica applicata a pazienti giovani (di età inferiore ai 55 anni), e quindi più sensibili a preservare le funzioni sessuali. Sul totale di 300 uomini “arruolati”, a 5 anni dall’intervento l’87% risultava guarito senza necessità di terapie aggiuntive. La continenza urinaria era molto alta, raggiungendo un tasso del 92% a soli due anni dall’operazione, e la potenza sessuale veniva mantenuta in oltre il 70% dei casi. “Questi risultati – commenta il prof. Guazzoni – sono molto incoraggianti e ci permettono di svolgere un’adeguata attività di counselling verso il paziente giovane. Le nuove prospettive della chirurgia robot-assistita permettono non solo di risolvere il problema oncologico, ma di migliorare la qualità della vita, garantendo risultati funzionali ottimi anche dal punto di vista sessuale”.

 

Cos’è l’intraoperative frozen section?

L’intraoperative frozen section consiste nell’analisi intraoperatoria dei margini prostatici al fine di escludere la presenza di eventuali carcinomi. Il principio della radicalità oncologica prevede che, per assicurare la rimozione di tutta la massa tumorale, si abbia la resezione anche di parte del tessuto sano immediatamente adiacente, così da scongiurare il rischio di metastasi e recidive. Tale invasività rischia però di compromettere irreversibilmente i fasci vascolo-nervosi e, conseguentemente, la potenza sessuale del paziente: un rischio che può essere scongiurato grazie alla precisione della chirurgia robotica. Il tessuto viene inviato al laboratorio per l’esame istologico estemporaneo e, solo successivamente, viene valutata la necessità di un intervento più radicale.

 

Quali aspetti ha messo in evidenza lo studio sulle frozen sections condotto dal prof. Guazzoni?

Nello studio presentato dal prof. Guazzoni sono stati analizzati 1830 pazienti sottoposti a intervento di prostatectomia radicale per neoplasia prostatica. L’obiettivo era quello di valutare se l’analisi intraoperatoria dei margini di resezione chirurgici della prostata potesse migliorare i risultati funzionali senza impattare gli esiti oncologici. Metà dei pazienti arruolati sono stati sottoposti a frozen section, e i loro risultati confrontati con quelli dei pazienti non sottoposti ad analisi del tessuto istologico. Lo studio ha messo in evidenza che la frozen section permette di conservare un maggior numero di fasci vascolo-nervosi (87% contro il 72%). In questi pazienti si riscontrava altresì un follow-up precoce, una percentuale più alta di continenza e una migliore funzione erettile.

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