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Acalasia esofagea, il trattamento è endoscopico

L’acalasia esofagea è una malattia rara a carico dell’esofago e la difficoltà a deglutire è il sintomo caratteristico. Della diagnosi e del trattamento di questa patologia ha parlato il professor Alessandro Repici, Responsabile di endoscopia digestiva in Humanitas e docente di Humanitas University, in un’intervista al Corriere della Sera.

L’acalasia è una patologia rara, ma negli ultimi anni i casi riscontrati sono in aumento. Sono state fatte numerose ipotesi sulle cause alla sua origine, ma al momento non vi sono certezze. ”Quello che è certo è che se la si trascura non solo si sta male, ma aumenta il rischio di sviluppare un tumore dell’esofago”, ha sottolineato il professor Repici.

Che cos’è l’acalasia esofagea?

Nei pazienti con acalasia esofagea si ha una contrazione anomala della parte terminale del muscolo esofageo (che riveste tutto l’esofago), con conseguente fatica del cibo ingerito a raggiungere lo stomaco. Ciò che viene mangiato si accumula nella parte finale dell’esofago finché non si ingerisce qualcos’altro che esercita pressione sul cibo “bloccato” e lo spinge verso lo stomaco.

“Con il passare del tempo questa condizione determina una dilatazione dell’esofago a causa dell’accumulo di cibo, cosa che, oltretutto, è causa di un’infiammazione cronica”, ha spiegato il prof. Repici.

La difficoltà a deglutire è il sintomo caratteristico, oltre a questo possono aversi: rigurgito acido, dolore toracico, dimagrimento e nei casi più gravi, vomito.

Come si effettua la diagnosi?

Per la diagnosi è necessaria la visita gastroenterologica. Lo specialista potrebbe avvalersi in prima battuta della gastroscopia, un esame utile per confermare i sospetti e per escludere che i disturbi derivino dalla presenza di un ostacolo meccanico, come un tumore dell’esofago.

La manometria però permette di diagnosticare l’acalasia in maniera certa: si tratta di un esame che registra l’attività pressoria dell’esofago.

È inoltre indicata l’esecuzione di una radiografia esofagea con mezzo di contrasto, che mostra il livello di dilatazione dell’esofago.

Le cure disponibili

La terapia farmacologica non è efficace nei pazienti con acalasia esofagea. L’opzione migliore si basa sul taglio dello strato muscolare lungo l’esofago, un intervento che in passato si eseguiva solo con chirurgia laparoscopica, mentre “da pochi anni è sempre più comune il ricorso a una tecnica mininvasiva che non lascia cicatrici, chiamata Poem (miotomia endoscopica transorale), in cui l’incisione delle fibre muscolari dell’esofago viene eseguita attraverso un’endoscopia flessibile, simile a quella usata per la gastroscopia”, ha spiegato il prof. Repici.

Altra alternativa endoscopica è la dilatazione dell’esofago con un palloncino, una tecnica che però presenta un maggior rischio di recidiva. “Questa procedura consiste nell’introduzione attraverso la bocca, di un palloncino gonfiabile che viene fatto scendere fino allo sfintere esofageo inferiore, e qui gonfiato, provocando una rottura traumatica del muscolo esofageo”, ha concluso il professor Repici.

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