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Tumore delle vie biliari – Colangiocarcinoma


I colangiocarcinomi sono tumori rari altamente maligni che, secondo i dati AIOM, nel 2020 in Italia, rappresentano circa l’1,2% del totale dei tumori diagnosticati negli uomini e l’1,7% nelle donne, con una sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi che si ferma al 17% negli uomini e al 15% nelle donne. Si tratta di un tumore in continuo aumento, diagnosticato tardivamente a causa della presenza di sintomi generici e dell’assenza di criteri specifici di diagnosi.

Il colangiocarcinoma è il secondo più comune tumore primitivo del fegato: si sviluppa nelle cellule dei dotti biliari (i colangiociti) tra il fegato e l’intestino, e da qui va a intaccare il fegato al suo interno (colangiocarcinoma intraepatico), o al suo esterno (colangiocarcinoma extraepatico e della colecisti). 

Quali sono i fattori di rischio per il colangiocarcinoma (tumore delle vie biliari)?

Le cause responsabili di questo tipo di tumore sono ancora incerte. Tuttavia, si riconoscono tra i fattori di rischio principali:

  • età over 65 anni
  • colangite cronica, presenza di calcoli biliari, calcoli della cistifellea, cisti del coledoco 
  • cirrosi ed epatiti croniche da virus B e C
  • malattie infiammatorie croniche dell’intestino 
  • obesità
  • fumo
  • esposizione ad agenti ambientali quali diossine, nitrosamine, radon e asbesto.

Quali sono i sintomi del colangiocarcinoma (tumore delle vie biliari)?

Negli stadi iniziali, il colangiocarcinoma è spesso asintomatico. Nel caso del colangiocarcinoma intraepatico, negli stadi avanzati del tumore possono essere presenti sintomi generici quali:

Per questo motivo la diagnosi è accidentale nel 20-25% dei casi.

Negli stadi avanzati del colangiocarcinoma extraepatico, la stragrande maggioranza dei pazienti presenta ittero (la colorazione gialla di pelle e sclere da elevati valori di bilirubinemia) senza dolore; solo nel 10% dei casi compaiono sintomi riferibili a colangite, come dolore e febbre.

Come si diagnostica il tumore delle vie biliari?

La difficoltà a riconoscere il colangiocarcinoma, che può essere confuso con altre malattie, altri tumori del fegato o con metastasi epatiche da altri tumori, porta spesso a una diagnosi in fase avanzata quando la prognosi è sfavorevole. Pertanto, nel sospetto clinico di tumore delle vie biliari, la diagnosi e la stadiazione del colangiocarcinoma devono essere tempestive a partire dalla valutazione clinica, l’effettuazione degli esami di valutazione della funzionalità epatica, la biopsia per accertamento istologico e ulteriori indagini per escludere o confermare la presenza di metastasi.

  • Visita medica: prevede la raccolta da parte del medico di dati e informazioni sulla storia clinica del paziente (anamnesi), la visita per valutare la presenza di anomalie che richiedano ulteriori accertamenti diagnostici.
  • Ecografia: è la prima indagine di imaging addominale, assolutamente non invasivo, in grado di indicare con precisione la presenza e l’entità della dilatazione delle vie biliari, in molti casi anche sede dell’ostruzione. Inoltre, l’ecografia può essere utilizzata come guida nelle biopsie per la diagnosi istologica, oppure durante l’intervento.
  • TAC torace-addome: è l’esame che si effettua con mezzo di contrasto, che permette di studiare l’anatomia dell’albero biliare e la sede del tumore, l’eventuale diffusione a strutture e tessuti sia vicini che distanti (come ad esempio, il torace). La TAC multistrato con apparecchiature di ultima generazione presenti in Humanitas permette l’acquisizione di scansioni e immagini estremamente dettagliate assiali, coronali, sagittali e 3D di tutti gli organi e strutture addominali, comprese quelle vascolari, ed eseguire biopsie mirate sulla massa tumorale.
  • Risonanza Magnetica (RM) e Colangio-Risonanza: è l’esame che nel paziente con ittero permette di studiare approfonditamente le vie biliari, grazie a sequenze mirate (Colangiopancreatografia-RM o in inglese MRCP) in associazione a valutazione multiparametrica di base, di definire con certezza la natura, la sede e la causa dell’ostruzione, e di effettuare la stadiazione locale della malattia. L’esame si effettua con mezzo di contrasto.
  • Colangiografia percutanea transepatica o PTC: in presenza di dilatazione delle vie biliari dovuta a un tumore, può essere necessario effettuare la PTC, una tecnica di Radiologia Interventistica che opacizzando le vie biliari attraverso un ago molto sottile inserito nel fegato, consente eventualmente di eseguire un “brushing” (spazzolamento) o una biopsia per ottenere cellule o minuscoli frammenti di tessuto da analizzare.
  • Colangio-pancreatografia endoscopica retrograda o ERCP: è una tecnica endoscopica che, in presenza di dilatazione delle vie biliari causata da un tumore, permette di ottenere immagini delle vie biliari ed eseguire biopsie allo scopo di esaminare eventuali cellule o campioni di tessuto tumorale, sfruttando l’iniezione del mezzo di contrasto nelle vie biliari attraverso un endoscopio (gastro-duodenoscopio). 
  • Tomografia ad emissione di positroni (PET): è una metodica di medicina nucleare che, in casi selezionati, può essere effettuata per la valutazione della diffusione della malattia ai linfonodi e per l’individuazione di metastasi. L’indagine utilizza un radiofarmaco che si accumula nelle lesioni tumorali caratterizzate da elevato metabolismo degli zuccheri. 
  • Biopsia epatica: durante le procedure diagnostiche, possono essere prelevati cellule e campioni di tessuto per preparati citologici o microistologici.

Quali sono i trattamenti per il tumore delle vie biliari (colangiocarcinoma)?

Circa il 70% dei pazienti presenta alla diagnosi un tumore in fase avanzata, che richiede un trattamento di tipo medico sistemico, nonostante il trattamento principale nel colangiocarcinoma sia la chirurgia. 

  • Chirurgia: a oggi solo 1 paziente su 4 con diagnosi di colangiocarcinoma è operabile; tuttavia, se l’intervento viene effettuato quando il tumore è agli stadi iniziali, la chirurgia può avere esito risolutivo. 
  • Chemioterapia: in molti casi, dopo l’intervento e per migliorare i risultati e gli effetti della chirurgia, può essere indicata una chemioterapia precauzionale. Nei casi di malattia avanzata il trattamento chemioterapico è il trattamento di scelta e può essere in prima linea associato a immunoterapia.
  • Immunoterapia: un recente studio ha dimostrato la maggiore efficacia di immunoterapia e chemioterapia nel trattamento di prima linea della malattia in fase avanzata. Tale combinazione rappresenterà a breve un nuovo standard terapeutico.
  • Terapia target (target therapy): recenti studi clinici hanno evidenziato l’efficacia di alcuni farmaci a bersaglio molecolare per alcuni specifici tipi di colangiocarcinoma. Alcuni di questi farmaci, diversi dai chemioterapici, sono oggi disponibili per l’utilizzo nella pratica clinica, mentre altri lo sono nell’ambito di programmi di ricerca.
  • Radioterapia: in pazienti in cui l’intervento chirurgico è controindicato, viene valutata come opzione la radioterapia, in particolare la radioterapia stereotassica corporea, che è in grado di erogare, in poche sedute, un’alta dose di radiazioni al tumore e ridurre gli effetti collaterali. La radioterapia stereotassica ha mostrato di ottenere un ottimo controllo locale della malattia. Tuttavia, trattandosi di un trattamento locoregionale, diventa cruciale la combinazione della radioterapia con la terapia sistemica.

Referente per la terapia di oncologia medica è la professoressa Lorenza Rimassa.

Gruppo multidisciplinare

Case Manager Humanitas Cancer Center

Con elevati livelli di eccellenza, il gruppo multidisciplinare di Humanitas si occupa da anni di neoplasie epatobiliari: ogni settimana si riunisce per la discussione di ogni singolo caso di tumore delle vie biliari, prevedendo la collaborazione di diversi specialisti in epatologia, chirurgia, oncologia, radiologia e radiologia interventistica, radioterapia e medicina nucleare, anatomia patologica, e di infermieri specializzati, affiancati da un case manager per il supporto al paziente durante tutte le fasi, dalla diagnosi alla terapia. Grazie all’approccio multidisciplinare, il paziente può essere seguito in maniera organica e completa, con la possibilità di essere inserito, su base volontaria, anche in protocolli di Ricerca clinica.

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